“Zâ” di Franco Battiato: oltre il tempo e lo spazio
Breve introduzione all’album
“In quegli anni suonavo esclusivamente per me stesso. Solamente in un secondo momento capii che dovevo riservare maggiore attenzione al pubblico”.
Pubblicato nella primavera del ‘77 sotto la casa discografica “Dischi Ricordi”, “Zâ” (conosciuto anche come “Battiato”) è un album sperimentale del cantautore siciliano Franco Battiato, composto da due sole tracce, ciascuna della durata di circa venti minuti. La prima traccia, che convenzionalmente dà il nome all’album, è edificata quasi per intero su di un solo accordo di pianoforte, ripetuto a intervalli irregolari per tutta la durata del lavoro a costituire una sorta di “musica mantrica”. La traccia secondaria, dal titolo “Cafè Table Musik”, è nulla più che un semplice affresco di suoni, interpretazioni (sentimenti) e stralci di melodie. Nel complesso, è innegabile che questo disco costituisca un’opera coraggiosa, unica e soprattutto svincolata, che volta le spalle al desiderio di un qualsiasi riscontro commerciale. In conclusione, a prescindere dai gusti musicali di ciascuno, risulta quasi impossibile non concordare con quanto ha recentemente affermato Battiato: “Ai giorni nostri, lavori come questo non si potrebbero più fare”.
Confronto
“Ho trascorso anni bellissimi, chiuso in una stanza. Penso che si stia davvero bene, quando si approfondisce qualcosa”.
Franco Battiato
Zâ
“Il tempo non ci definisce. Lo spazio non ci colloca”.
I cicli del mondo si susseguivano, allora come oggi, secondo ritmi e cadenze distanti. Io mi trascinavo lungo sentieri di montagna tiepidi e solitari, intento ad afferrare le incerte e convulse dinamiche del destino, allora più che mai sorretto e soppresso dal solo bisogno primordiale. Allora, nel mio cuore tormentato, era già disceso un rigido inverno.
Le cime dei pini si stagliavano su di una tela grigia e spoglia, che impediva alla tumultuosa corrente dei miei pensieri di sfociare e disperdersi nella gelida immensità del vuoto celeste.
All’improvviso, mi sovvenne la quiete apatica di una punta sonora: un accordo sospeso, presto dissoltosi in un empio silenzio, teso e levigato, quasi concreto.
Allora, la mia coscienza si estraniò dal vivo vortice di umori e sensazioni che la legavano, annullandosi, ricongiungendosi e ridestandosi nel torpore dell’apparente irrealtà, priva di illusioni.
Così, la mia essenza si astenne temporaneamente dal tramescolarsi con il mondo circostante e viceversa. Fui altrove o poco più di un nulla, ma in un mondo che non mi apparteneva.
Cafè Table Musik
“La mia casa era attaccata alla ferrovia”.
Qualcuno mescolò il tè: ecco apertosi il sipario. L’esperienza, unita alla mia fantasia, mi condussero allora a intravedere il debole profilo di un soggiorno, pervaso dalla pigra e sterile quotidianità di un pomeriggio autunnale.
“Aranciata, panini e birra!”
Subentrarono sussulti, brevi arrangiamenti, frasi evocative o, meglio, melodie emotive.
Si susseguirono frammenti dissonanti di origine antropica: copie originali, affiancate a costituire una mera esibizione teatrale. Si trascorre così da un significato universale a uno vincolato. Il vuoto della precedente “Zâ” si riempie e, al contempo, si svuota.
Michele Santospirito