VIAGGIO NELL’ISTITUTO EINSTEIN DI VIMERCATE, la scuola che non ti aspetti
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Da Socrate alla didattica digitale integrata, tutti i perché di una realtà scolastica che funziona.
Esiste un modo diverso di imparare e di insegnare? Esistono metodologie didattiche che rendono gli studenti protagonisti dell’apprendimento? Lo chiediamo alla dirigente scolastica e ai professori dell’Einstein di Vimercate, una scuola pubblica superiore che offre sei indirizzi di studio e ha l’obiettivo di porre lo studente al centro del proprio percorso di formazione.
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La professoressa Michelina Maddalena Ciotta, dirigente scolastico dell’Istituto, sottolinea che l’Einstein ha una grande e forte tradizione di attività laboratoriale e un costante contatto con le risorse economiche e sociali del territorio, ma ha anche un altro punto di forza, cioè i docenti, che hanno saputo instaurare con i propri studenti un clima di collaborazione e dialogo.
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Il Professor Sandro Armenio, insegnante di Italiano del Liceo Scientifico, si ispira a Socrate (che con i suoi allievi utilizzava la “maieutica” basata sul dialogo), cioè stimola i suoi alunni a trovare “in sé” risposte che li rendano attivi e non passivi nell’apprendimento. “Oggi il libro lo scriviamo noi!” dice spesso, anche quando l’argomento del giorno è l’analisi del periodo o il confronto italiano-latino, perché la didattica per competenze prende il posto del nozionismo. Un master sulla multimedialità a sostegno della didattica presso il politecnico di Milano lo ha aiutato a rendere le lezioni sempre divertenti e interattive, mai banali e demotivanti. La lezione tradizionale frontale? Da oltre venticinque anni ha deciso di sostituirla con metodologie didattiche innovative che confluiscono nella didattica digitale integrata, come la mediazione Feuerstein, la flippedclassroom, il debate, la ricerca-azione, il cooperativelearning.
Secondo Feuerstein, l’educatore non “cede” il suo sapere, ma aiuta i ragazzi a realizzare il proprio, facendo da “mediatore”. Questo tipo di impostazione sostituisce la lezione preconfezionata con strategie didattiche che si adattano alla classe, applicando l’“attivismo” di John Dewey. Si tratta di una metodologia che ha come scopo “la creazione di una scuola non convenzionale, non impostata sul nozionismo e sull’ascolto passivo o sullo studio individuale, come erano state le scuole del passato, bensì basata sugli interessi dei discenti. In altre parole, una scuola secondo la psicologia dell’alunno e non del maestro”. Il professor Armenio ci spiega che i suoi metodi hanno incontrato ostacoli fino a qualche anno fa, mentre oggi sono condivisi da molti colleghi innovativi e l’Einstein in particolare è una scuola “aperta al dialogo educativo, alle innovazioni e alla didattica inclusiva”, dove gli alunni imparano ad affrontare l’università e il mondo del lavoro in un ambiente sereno, che si pone come obiettivo non solo il loro successo formativo, ma anche il loro benessere psichico. L’empatia, cioè la capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, per Armenio è una condizione indispensabile per insegnare tutto a tutti in un clima rilassato e accogliente.
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Ma è possibile applicare le avanguardie didattiche alle materie scientifiche? Studiando chimica analitica, legame idrogeno, molecole bipolari, può un insegnante stravolgere il modello della lezione frontale? La professoressa Livia Vasile, docente di Scienze del Liceo Scientifico, ha una strategia diversa per ogni gruppo classe e per ogni argomento del programma. Fa parte di un gruppo di insegnanti formati dal Ministero dell’Istruzione proprio sulle avanguardie didattiche e sceglie la metodologia educativa in base alla realtà di classe che incontra. Applica la flipped classroom, la “classe capovolta”, quando individua un gruppo trainante caratterialmente forte e autonomo. La lezione si sposta a casa, approfondendo materiali proposti dall’insegnante, e a scuola prevale l’apprendimento collaborativo. Se invece il gruppo trainante è forte in termini di acquisizioni, ma è caratterialmente più remissivo, la flipped creerebbe uno stress eccessivo e Vasile preferisce usare il debate: si affronta l’argomento in modo corale, proponendo una tesi a favore e una contraria e gli elementi trainanti fanno da volano grazie a un’altra metodologia. Quando la disciplina richiede lo svolgimento di esercitazioni pratiche, il modello più adatto è il cooperative learning, suddividendo la classe in gruppi in cui anche i più timidi hanno modo di esprimere le proprie competenze e le condividono con gli altri.
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“Essere insegnante non è solo un lavoro ed io ho la presunzione di far crescere nei miei studenti la passione per la materia”, spiega la professoressa Marina Silva, insegnante di Matematica. La prof.ssa Silva ritiene che l’Einstein abbia un grande punto di forza nel rapporto educativo su cui si basa il lavoro quotidiano, un rapporto costruttivo senza il quale non c’è crescita né cultura. L’offerta formativa dell’istituto è molto ampia e offre la possibilità di emergere a diverse creatività. Riguardo alle metodologie didattiche, sottolinea che i cambiamenti fatti nel tempo hanno portato a porre lo studente al centro dell’azione educativa, coinvolgendolo maggiormente. Il metodo di insegnamento della professoressa Silva è frutto di un continuo aggiornamento che l’ha portata a scoprire molte metodologie che fanno parte del suo “essere insegnante” tutti i giorni. “Molto è cambiato nel tempo e ho dovuto studiare davvero tanto… Pensate che quando ero in prima elementare, i miei strumenti tecnologici erano il calamaio, la penna e il pennino… “, spiega. Aggiunge che sicuramente una didattica che utilizza tecniche cooperative e di flipped classroom nel tempo dà più risultati, “ma qualche bella lezione frontale (come ai miei tempi) è davvero indispensabile”.
Anche la dirigente scolastica sottolinea che, come tutte le innovazioni, la didattica innovativa richiede studio e formazione. Molti insegnanti dell’istituto Einstein la applicano con successo e molti altri si stanno formando in un’ottica di ricerca-azione.
La scuola inclusiva prevede anche criteri di verifica e di valutazione che mettano ogni alunno nella condizione di dare il proprio massimo. La professoressa Vasile spiega che la risposta della classe è un indicatore importante: “Se tutti prendono 10, significa che non sto tenendo conto delle potenzialità, che sto andando al ribasso. Se invece la maggioranza prende voti bassi e ci sono poche eccellenze, evidentemente sto puntando troppo in alto e sto perdendo persone durante il percorso. Devo trovare la giusta misura per dare a tutti il modo di raggiungere il proprio 100%. Ogni alunno va messo nelle condizioni di esprimere il suo 100%”. Questo è anche il punto di vista della professoressa Cinquepalmi, docente di Inglese, che ha molta esperienza di insegnamento ai DSA e instaura un clima in cui l’impegno e il senso di responsabilità prendono il posto della paura e dell’idea di non potercela fare.
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E gli studenti cosa pensano della loro scuola? Alla domanda: “Consiglieresti l’Einstein a un ragazzo delle medie?”, gli alunni di 1°N rispondono in modo molto positivo. I punti a favore dell’Einstein sono le attrezzature moderne, la preparazione completa che si acquisisce, ma soprattutto la priorità che gli insegnanti danno al benessere degli studenti e al rapporto collaborativo che si viene a creare. Secondo Leonardo R. le metodologie innovative e i progetti interdisciplinari dovrebbero essere un esempio per tutta la didattica italiana.
Abbiamo chiesto alla dirigente scolastica se ritiene che l’Einstein prepari al mondo dell’università e del lavoro. La professoressa Ciotta spiega che l’istituto ha una connotazione fortemente tecnica ed è molto ben collegato con il mondo del lavoro attraverso gli stage, i PCTO, i percorsi formativi tenuti da esperti del mondo del lavoro. I docenti delle aree di indirizzo si documentano continuamente e seguono la ricerca, condividendo con i propri studenti le novità del mondo del lavoro. Gli insegnanti delle discipline comuni (italiano, storia, matematica, ecc.) agiscono in sinergia con i colleghi dell’area tecnica per accompagnare gli studenti nella propria crescita culturale e professionale, per “trasformare la molteplicità dei saperi in un sapere unitario, dotato di senso, ricco di motivazioni”. La collaborazione tra i docenti si basa sulla volontà comune “di portare al centro e problematizzare i temi del pensiero critico e profondo, dell’apprendimento per esperienza, della ricerca didattica, del dialogo tra pratica e teoria.”
Tornando alla domanda iniziale, quindi, se esiste un modo nuovo di insegnare e di imparare, sembra che possiamo rispondere di sì: esiste all’Einstein di Vimercate dove il futuro è oggi.
Almas Lorini