VIAGGIO NELLA MUSICA Dalla melodia al racconto
Questa è sicuramente una delle attività più belle e speciali del mio laboratorio di scrittura creativa, perché fa nascere la scrittura dalla musica attraverso l’evocazione di sensazioni, immagini e sentimenti.
Dopo aver fatto accostare tutti i banchi al muro, i ragazzi della 1 F si sono sdraiati su una coperta che ciascuno ha portato da casa e, una volta trovata la posizione più comoda e rilassante, l’insegnante ha fatto ascoltare una sequenza di musiche scelte accuratamente e che potrete ascoltare come sottofondo dei testi che leggerete facendo partire le tracce audio che trovate dopo questa presentazione.
Innanzitutto, si tratta di farsi trasportare dalla musica e di vedere chiaramente in quale luogo ci si trova; poi, all’improvviso comparirà un animale: ecco, guardatelo e seguitelo: cosa fa?, dove va?, cosa pensa e sente?, vi parla o vorrebbe dirvi qualcosa? Osservatelo e ascoltatelo attentamente.
Quando la musica sarà finita, lentamente ci si accinge a scrivere tutto ciò che è accaduto in questo viaggio nella musica e i risultati saranno sorprendenti soprattutto per gli autori!
Buon divertimento! ♫♪♫♪
Prof. Anna Di Colandrea
IL TUCANO
Sull’isola di Pasqua, in prossimità dell’Oceano Pacifico, alle prime luci dell’alba, la maggior parte dei tucani si muove in gruppo per perlustrare l’area vicino al proprio nido alla ricerca di cibo, bacche o animali di piccole dimensioni. Poco lontano dal gruppo si trova tutto solo un piccolo tucano dai colori sgargianti e dal piumaggio variopinto, svegliatosi in ritardo, pronto a cercare provviste da solo. Inizia a sorvolare dall’alto la distesa di vegetazione sottostante. Una volta individuata la preda, comincia la sua discesa con l’obiettivo di afferrare una lucertola impegnata a scaldarsi al sole. Scende sempre di più, osservando la preda, fino al momento in cui tenta di catturarla inutilmente, data la velocità di reazione della lucertola che la fa sfuggire al predatore. Il tucano ritorna così in alta quota pronto ad attaccare un’altra lucertola. Ne avvista una non molto lontana e, con una velocità inaudita, si piomba sull’animale riuscendo ad agguantarlo con le zampe. La lucertola viene portata dal tucano verso il suo nido dove ci sono ad aspettarlo due piccoli di tucano affamati. Una volta lasciata la preda nel nido, torna a cercarne un’altra, si appoggia per riposarsi ad un ramo di una felce, quando un leone, con un balzo, tenta di colpire il tucano ferendolo ad un’ala. L’ala, spezzandosi, gli impedisce di volare con la sua solita fluidità e velocità sulla foresta mettendolo in una posizione di svantaggio rispetto ai predatori. Dopo estenuanti tentativi di riprendere il volo, il leone fa un altro salto ingaggiando una violenta lotta con il tucano e riuscendo, questa volta, a colpirlo mortalmente. Alla fine della giornata i due piccoli di tucano, non riuscendo più a tollerare l’estenuante attesa del ritorno del genitore con altro cibo, tentano di prendere il volo per uscire dal nido ma, essendo ancora inesperti e piccoli, cadono con un tonfo a terra attirando l’attenzione di alcuni animali carnivori nelle vicinanze.
Pietro Bellini
IL VOLO DELL’AQUILA
Un’aquila appena nata non vede l’ora di imparare a volare per scoprire il mondo che c’è al di là del suo nido. Appena impara a farlo, va lontano. Un giorno, però, si imbatte in un bosco pieno di cacciatori, ma fortunatamente nessun colpo di fucile riesce a colpire la giovane aquila. Purtroppo, i guai non sono finiti. Dopo qualche giorno si imbatte in un terreno quasi desertico dove c’è in atto una guerra. Per errore viene colpito da una freccia ad un’ala e cade a terra. Passati circa due giorni l’aquila si risveglia da sola in mezzo a questo vasto terreno. Sforzandosi riesce a rialzarsi, prova a volare ma non ce la fa. Così decide di proseguire il suo percorso sulle zampe, fino a quando un bel giorno trova una casetta in mezzo ad un bosco. In questa casa abita un signore di 75 anni, amante degli animali di tutti i tipi. Vedendo questa aquila con un’ala rotta non può fare a meno di prenderla e portarla in casa per curarla. Dopo circa tre mesi l’aquila riesce di nuovo a volare così parte di nuovo per terre lontane. Trascorsi cinque anni, l’aquila decide di fare ritorno alla casetta del suo salvatore, ma lo aspetta una bruttissima notizia; infatti, appena arrivato scopre che il signore ormai è morto. Nella tristezza e nel dolore se ne va e nel frattempo la sua vita prosegue. Trova un’altra aquila, femmina, e decidono di accoppiarsi e di fare il loro nido proprio su un albero vicino alla casa dove viveva il vecchio. Lì fanno dei cuccioli che diventeranno forti e resistenti come il padre.
B.E.
IL LEONCINO
Entro in un prato giallo: un leoncino gioca con i suoi amici circondato da altri leoni sui quali spicca su tutti suo padre, il capobranco.
Tutto d’un tratto il leoncino si allontana attirato dal volo di una farfalla fino a quando, essendo la stagione delle piogge, inizia a piovere a dirotto. L’unico riparo che il leoncino trova è una sorta di grotta con una piccola entrata dove passa tutta la notte.
La mattina successiva viene svegliato da un forte rumore: le pareti della caverna iniziano a tremare e iniziano a cadere massi dal soffitto e a crearsi cavità nella roccia. Si copre la testa con le zampe pensando potessero dargli più riparo, perchè la via d’uscita è ostruita. Poi, vede che l’ unica soluzione è passare in un buco formatosi dall’altra parte della caverna; a fatica riesce a passarci e si ritrova davanti ad un tunnel molto lungo da cui si vede uno spiraglio di luce; inizia a correre fino a quando ritorna all’aria aperta.
Vede l’altro lato della valle, inizia a salire schivando rami caduti e cespugli. Arrivato in cima vede davanti ai suoi occhi uno spettacolo macabro: la sua famiglia e tutto il resto dei leoni è steso per terra senza vita. Dei bracconieri caricano le prede sulle auto. Incomincia ad indietreggiare fino a quando sente un oggetto toccargli la testa e poi un forte sparo… il leoncino cade a terra senza vita.
William’s
I DUE CERVI
Due cervi stanno pascolando tranquillamente in mezzo a neve e alberi, uno di fianco all’altro, in una parte della Siberia. Dopo un po’ iniziano a guardarsi intorno; sentendosi osservati si mettono a correre e si spostano in una parte meno boschiva e si sistemano lì per un po’, ma proprio quando sembra tutto tranquillo un orso sbuca dagli alberi e inizia a inseguire uno dei due cervi. I due cervi iniziano a correre, attraversano il bosco, e prima di arrivare sulle rive di un fiumeper attraversarlo, l’orso azzanna un cervo e lo sbrana. Il cervo che è riuscito ad attraversare il fiume, mentre sta ritornando dal suo branco, ripensando a tutti i momenti belli trascorsi con l’altro compagno, sta per andare in depressione, così decide di fermarsi e si sdraia sulla neve. Rimane lì ore e ore e muore così, sdraiato sulla neve.Ritrovato dal suo branco, gli viene fatto una sorta di funerale: si mettono in cerchio con in centro il corpo morto. Il branco se ne va lasciando il corpo a farsi ricoprire dalla neve. Si dirigono verso sud, dimenticandosi completamente dei due cervi.
Riccardo Corallo
COME GARFIELD
Il mio viaggio nella musica racconta la classica storia di una famiglia newyorkese con due figli, un maschio e una femmina. Sia Richard, il maschietto,che Wendy, la femminuccia, aveva il suo animale domestico a cui doveva badare in salute e malattia finchè morte non li separi.
Wendy, 5 anni, aveva scelto un gatto rosso a pelo lungo proprio come Garfield per potergli fare le trecce e tutti i giochi da bambina; Richard, 7 anni, fissato con il nuoto perché voleva arrivare alle olimpiadi,aveva scelto un pesciolino rosso per poter osservare bene come nuotava, prendere spunto e migliorare le sue tecniche da chi è nato nuotando.
5 anni dopo i ragazzi sono nel pieno dell’adolescenza, proprio quando si odiano al punto che non vorrebbero neanche essere fratelli, e di conseguenza iniziano a farsi dispetti a vicenda. Richard inizia rasando il gatto di Wendy, lei per vendicarsi mette gli escrementi del gatto nella boccia del pesce rosso. Così Richard ancora più arrabbiato si chiude in cameretta e si mette a pensare a un dispetto per vendicarsi di quell’ orribile scherzo di sua sorella. Dopo tante ore di ragionamento arriva a una soluzione: riempie una parte del lavandino con acqua a temperatura ambiente e mette la boccia vicino al lavandino, in modo che di notte, quando il gatto cerca di catturare il pesciolino per mangiarselo, esso salta fuori dalla boccia e finisce nel lavandino mentre la testa del gatto ciccione rimane bloccata dentro la boccia con l’acqua e …annega.
La mattina dopo al risveglio di Wendy i genitori gli annunciano la terribile notizia e mettono in punizione Richard.
LAC
SOTTO UN GELIDO CIELO STELLATO
L’uccello volava spensierato sopra i boschi e i prati nel cielo limpido di una alba fresca di inizio ottobre, finché non decise di riposarsi accanto ad un laghetto per poi ricominciare il suo viaggio. Passati pochi minuti l’uccello si assopì. Dopo un po’ tornò a volare, per l’ultima volta. Si imbatté infatti in un gruppo di cacciatori che senza pensarci due volte spararono mirando all’ala dell’uccello, che, ferito, si accasciò a terra pochi metri più in là, accanto ad un grosso cedro, dove trascorse le sue ultime ore di vita, soffrendo e cercando disperatamente di sopravvivere, sotto il gelido cielo stellato. Da lì a poco tutto sarebbe finito.
Michele Di Gregorio
IL CONIGLIO OPERAIO
Il coniglio passò la sua infanzia in una campagna con la sua famiglia. I suoi genitori insegnarono a lui e ai suoi fratelli tutto a proposito delle carote e della loro coltivazione. Il coniglio amava seminare l’orto e vedere come ogni giorno le carote crescessero. L’orto che la famiglia del coniglio coltivava serviva unicamente a sfamarli, ma quando c’erano delle eccedenze erano tutti disponibili a condividere il proprio raccolto con le altre famiglie. Il coniglio, ormai cresciuto, decise di spostarsi in città.
Passarono gli anni e si sposò, ebbe un figlio e lavorò in una fabbrica che si occupava del confezionamento delle carote. Gli operai di questa fabbrica erano tristi e demoralizzati, perché nella fabbrica erano trattati come degli strumenti, in quanto le loro mansioni consistevano solo in una serie di movimenti ripetitivi. Il coniglio, che era l’addetto all’affettamento delle carote, era amico di due altri operai, un cane e una lepre. Entrambi erano addetti all’imballaggio delle confezioni di carote e ad entrambi la paga a malapena bastava per garantirsi condizioni di vita sopportabili. Il padrone della fabbrica prometteva a coloro che erano più produttivi un aumento della paga. Così la lepre e il cane erano perennemente in competizione e questo faceva sì che si odiassero. Purtroppo, le promesse del padrone non erano vere e le sue intenzioni erano quelle di spingere gli operai a lavorare oltre le loro possibilità per aumentare i propri guadagni, anche a costo di mettere gli operai gli uni contro gli altri, illudendoli. Dopo essere stati in competizione per anni, il cane e la lepre capirono l’imbroglio del loro padrone e decisero di smettere di competere tra loro. Così il coniglio, la lepre e il cane parlarono con tutti gli altri animali della fabbrica e chiesero loro di partecipare ad una protesta contro il padrone. Questi li ascoltarono e nel giro di una settimana organizzarono una protesta per chiedere di poter organizzare il lavoro nella fabbrica in modo che le esigenze e le possibilità di tutti venissero prese in considerazione. Il padrone, terrorizzato dall’idea di perdere i suoi guadagni, iniziò a minacciare i suoi dipendenti di licenziarli tutti. La protesta continuò e il padrone, ormai in preda alla follia, armato di fucile sparò alcuni colpi contro la folla, uccidendo alcuni manifestanti. Tra quelli che vennero uccisi c’era anche il coniglio. Una settimana dopo la sua morte venne fatto il funerale, dove, da morto, poté osservare sua moglie e suo figlio disperati per la sua morte. I due vissero una vita difficile, per il fatto che erano molto poveri. Crescendo, il figlio decise di continuare la lotta del padre. Egli scrisse un libro in cui raccontò la sua storia per far capire a chi è nato privilegiato ed intelligente di non utilizzare il proprio privilegio e la propria intelligenza per sfruttare e sottomettere gli altri ma piuttosto per provare a fare del bene e esortava tutti gli animali a riscoprire il senso di solidarietà che avevano perso per colpa della competizione, così come avevano fatto suo padre ed i suoi colleghi. Le parole del figlio del coniglio ispirarono gli altri animali, che da quel momento iniziarono a collaborare per garantire il bene di tutte le specie.
Edith Dobrovschi
IL MIO PRIMO PENSIERO
L’aquila è stato il mio primo pensiero, tra le montagne innevate dell’Alaska… Quest’aquila “navigava” nel vento debole e rilassante facendo a volte una spericolata picchiata verso il terreno. ll sole quel giorno era abbagliante e nel paesaggio naturale si intravedeva un piccolo albero vicino ad un ruscello, dove c’erano i suoi piccoli affamati che capirono immediatamente che la madre stava tornando per calmarli. L’aquila non aveva trovato nessun tipo di preda nell’inverno gelido, quindi provò ad andare nel paese vicino, governato dagli umani…
Arrivò a destinazione il giorno seguente. L’aquila si affrettò per non far morire i propri piccoli. Spinta da questo pensiero riuscì a rubare pezzi di carne dal mercante. Il paese era quasi del tutto innevato e quindi nessuno notò la sua presenza. L’aquila, felice del risultato, ritornò con fatica al nido, perché nel tragitto si scatenò una bufera di neve inaspettatamente forte, che la fece ritardare di quasi un intero giorno…
L’aquila affaticata notò che quel giorno pioveva a dirotto con dei fasci di luce chiamati dagli umani “fulmini”: in lontananza si intravedeva il suo nido ma all’improvviso quell’albero con la chioma color verde intenso iniziò a bruciare. L’aquila con la sua vista da rapace lo notò subito e quando arrivò a destinazione, pur essendo speranzosa di ritrovare i suoi piccoli, capì che il fuoco era troppo intenso e che non c’era niente da fare.
L’aquila, disperata, quando finì di rovistare tra i pezzi di corteccia ormai mangiati dal fuoco, cadde in una depressione così atroce da rendersi conto che la vita, anche se presente, era la cosa meno importante, al punto che decise di strapparsela…
Il giorno seguente un essere piccolo e indifeso uscì da un rifugio non molto distante dall’ albero ormai andato in cenere: era uno dei piccoli dell’aquila che si era salvato dalla tragedia. In seguito questa nuova e piccola vita iniziò una nuova avventura.
Marco Flumian
LA SCINTILLA DELL’AMICIZIA
Sono in un bosco, di notte, illuminato solo dalla chiarezza della luna di colore grigio scuro. È una notte tranquilla e silenziosa, si sentono solo le foglie secche d’autunno calpestate dal tocco impercettibile del Lupo. Va deciso in una direzione, ma dove va? Lo voglio seguire, lo devo seguire senza farmi notare. Lo seguo, lo seguo fino a quando lo vedo entrare in una piccola grotta nascosta. Mi avvicino lentamente fino all’ingresso. Lìmi fermo, tiro un respiro profondo ed entro molto, molto lentamente. Da una piccola fessura del muro della grotta entra un raggio di Luna che illumina i lupetti . È uno spettacolo!!! Mi avvicino sempre di più, sempre di più, fino a quando non si accorge della mia presenza . I nostri sguardi si incrociano per 2 secondi: …1…2… e poi scappo! Il più velocemente possibile! Appena esco dalla grotta mi nascondo dietro gli alberi mentre mi cerca con lo sguardo di chi è cattivo e vuole farti del male. Comincio a provare paura. Non ho avuto tempo di pensare che mi ritrovo davanti quell’animale in grado di cambiare volto in meno di 3 secondi. Ma non so come mai, si avvicina lentamente verso di me, mostrando un affetto improvviso nei miei confronti. Ho ancora un po’ di paura, ma per istinto allungo la mano per provare ad accarezzarlo. Ci avviciniamo contemporaneamente, lui con la testa e io con la mano. Con il contatto scatta una scintilla, la scintilla di una nuova amicizia tra uomo e animale!
Giuseppe Grassano
L’AQUILA
Sul punto più alto di una montagna un’aquila apre le ali e si prepara al volo.
Entra in un bosco, incontra molti suoi amici animali e li saluta.
Dopo aver volato per lungo tempo, si ferma su un ramo di un albero per riposarsi un po’. Guardandosi in giro vede dei cacciatori, inizia a fissarli, ad un tratto, l’ aquila scivola e cade davanti ad uno di loro.
Quel cacciatore è molto giovane, ma , nella caccia, è molto più bravo rispetto agli altri.
L’aquila resta ferma davanti al giovane e lo fissa.
Il giovane non le spara come le altre volte quando incontra un animale, ma la prende e se la tiene fra le braccia.
Quando gli altri cacciatori si girano e scoprono la presenza dell’animale, vogliono sparargli addosso, ma vengono fermati dal giovane.
Il giovane convince gli altri cacciatori a non farlo morire dicendo che l’aquila è molto brava nella caccia e possono sfruttarla per il loro lavoro.
Il giovane la tiene in braccio perchè si è accorto che una delle ali dell’aquila è ferita e quindi non può muoversi molto. Se la porta a casa e cura l’ala ferita dell’aquila e diventa il suo padrone.
Dopo che l’aquila si è rimessa, inizia una serie di caccia insieme al padrone.
Egli è molto obbediente al padrone perchè da quando l’ha salvata dai colpi degli altri cacciatori e aver curato la sua ala ferita, decise che resterà affianco al padrone fino alla morte.
Un giorno, mentre stanno cacciando, incontrano altri cacciatori che vogliono cacciare lo stesso animale.
Iniziano a litigare, ma nessuno vuole andarsene via.
Allora, gli avversari sparano contro il padrone dell’aquila. In quel momento, l’aquila si mette davanti al padrone e viene colpito.
Il giovane si arrabbia molto, ma ormai l’aquila è morta.
Dopo questa vicenda, il giovane decide di lasciare la carriera e va a vivere in città.
Natalina Hong Man Yin
MINU’
In un paese lontano viveva una famiglia di grande prestigio.
Insieme ai genitori e a una bambina di soli cinque anni viveva una gattina, Minù.
Era trattata bene da tutti e la piccola Camilla la adorava! Ogni giorno, quando Camilla tornata a casa, Minù le correva incontro contenta del suo arrivo…
I giorni passarono e le due erano sempre più legate tra di loro. Una sera, mentre la pioggia cadeva forte, la famiglia era davanti al camino e sia la gattina che la bambina dormivano vicine… ad un certo punto iniziarono a sentirsi tuoni e a vedersi lampi ovunque… la pioggia aumentava…
Improvvisamente la casa crollò e la famiglia riuscì ad uscire in tempo; la gattina scappò, iniziò a correre senza che nessuno se ne accorgesse!!! Si ritrovò sola, in una via o un vicolo chiuso, non capiva…
Era tutto buio e Minù era molto spaventata! Iniziò a girare per il paese… vide altri gatti randagi ma aveva paura ad avvicinarsi… si era persa!
Il giorno seguente la famiglia si rese conto che Minù non c’era più! Camilla era disperata, piangeva, e i genitori non sapevano come rassicurarla…
Provarono a convincere la piccola che sarebbe andato tutto bene, che Minù sarebbe ritornata o l’avrebbero trovata, che avrebbero riavuto la loro casa invece di stare in una casetta piccola e stretta come quella che era stata assegnata loro dal Comune!
Nel mentre, Minù vagava in giro, pensando alla sua Camilla, alla sua cuccia calda e accogliente, alla famiglia…
I giorni, i mesi e poi gli anni iniziarono a passare.
Camilla comprò un altro gattino e riebbe la sua casa.
E Minù, la povera gattina, morì, investita da un furgoncino della posta.
Così la famiglia andò avanti ma a Camilla rimase sempre in testa e soprattutto nel cuore Minù, quella gattina che avrebbe sempre amato!
V.L.
UNA PIUMA DAL CIELO
Era un giorno d’inverno, faceva freddo. Ero triste e stavo osservando l’uccellino che faceva cip cip e che si avvicinò a me sempre di più: era piccolino ed era in cerca di una persona che lo proteggesse perché c’era un altro uccello che cercava di fargli del male. Questo era molto più grande di lui e in passato aveva fatto del male a suo fratello, mentre invece la sorella era scappata in tempo prima che lui la prendesse.
Così era rimasto lui da solo. Lui era in cattivi rapporti con i suoi genitori, perché rinfacciava a suo padre che se quell’ uccello lo stava cercando era solo colpa sua, perché dovevano chiarirsi e invece si erano insultati pesantemente; perciò l’altro uccello disse a suo padre che un giorno si sarebbe vendicato. Questo uccello era a casa mia, gli diedi cibo e lo misi nella gabbia, ma era felice perché sapeva di avere qualcuno che lo proteggeva.
Però un giorno ci fu una scossa di terremoto e lo dimenticai dentro casa mentre stava crollando. Ero molto triste, non mi davo pace per averlo dimenticato lì dentro e andai sotto le macerie per trovarlo. Trovai la gabbia ma lui non era dentro però lo vidi da giù mentre svolazzava e mi disse che non si sarebbe mai dimenticato di me, che mi avrebbe portato sempre nel suo cuoricino; mi ringraziò di tutto, di averlo ospitato ma adesso era grande e doveva cavarsela da solo. Voleva trovare la sua anima gemella e voleva combattere quell’ uccello che voleva fare del male a lui e alla sua famiglia e per colpa del quale suo fratello non c’era più. Mi disse:“Se morirò, una piuma scenderà davanti a casa tua. Non è un addio, ma un arrivederci. Dopo un po’ di tempo mi affacciai alla finestra sempre in un giorno d’inverno. All’improvviso dal cielo cadde una piuma e io capii che l’uccellino era morto e i miei occhi si riempirono di lacrime.
Da quel momento in poi nella sua gabbia misi la sua piuma per ricordarlo per tutta la vita.
Emiliano Mani
COFFÈ
Era il 24 dicembre e a Londra una famiglia con un cane di nome Coffè stava preparando da mangiare.Era la vigilia di Natale e i due bambini erano felici, mentre si divertivano a giocare con Coffè. Il padre li chiamò perché era pronta la cena, i due bambini si sedettero a tavola e insieme ai genitori si misero a pregare Dio per aver regalato loro quella cena, di cui anche il cane godeva.
Finito di mangiare i due bambini aiutarono i genitori a sparecchiare la tavola.
Poi, si accomodarono sul divano seguiti dai genitori, accesero la televisione e misero un film natalizio, mentre il cane guardava fuori dalla finestra. Quando vide una luce che lo incuriosì, Coffè corse in giardino e uscì dal cancelletto che non era stato chiuso per dimenticanza.
Così quando il padre chiamò Coffè, avendo vistoche non arrivava, si alzò e lo andò a cercare finché non vide che il cancelletto era aperto. Preoccupato, decise di andare a cercarlo e, poichè stava nevicando, si mise un giubbotto addosso eseguì le impronte lasciate sulla neve.
Dopo pochi minuti il padre vide che c’era Coffè sdraiato con una chiazza di sangue, così lo raccolse e corse dal vicino che fortunatamente era un veterinario; suonò al campanello e i bambini con la madre uscirono per vedere chi era e videro il padre con in mano Coffè che perdeva sangue. Il vicino uscì e chiese cosa fosse successo ma il padre non seppe rispondere, così portarono il cane a casa del vicino che cercò di capire cosa fosse successo.
Era quasi mezzanotte quando suonò il campanello. Il padre scese, aprì la porta e vide Coffè seduto con un bigliettino nel collare con su scritto che era stato colpito da una pallottola e che si sarebbe ripreso nell’arco di una settimana. Felice il padre prese Coffè e lo portò in casa e lo mise afianco all’albero insieme a tutti i regali.
La mattina i due bambini si svegliarono e corsero dai genitori per svegliarli; una volta svegliati scesero e corsero sotto l’albero di Natale dove vennero accolti da Coffè che saltò addosso ai due bambini felice di essere tornato a casa.
Kevin Olza
LE ALI BAGNATE
Una farfalla volteggia intorno a dei fiori viola che fanno da tappeto ad un imponente castagno, dalle rigogliose e bellissime foglie verdi.
La farfalla ogni tanto si ferma su uno di questi fiori, nutrendosi timidamente del polline, sente una leggera brezza e si copre con un petalo per ripararsi dal freddo; altri due sbuffi di vento più forti e il gambo del fiore si piega un poco; arrivano altre tre folate che obbligano la farfalla ad aggrapparsi al fiore, ma altre tre veloci folate la spingono in aria e la staccano dal fiore.
La farfalla, dopo la caduta, atterra su una ninfea: il vento non colpisce la zona dello stagno su cui è appoggiata la ninfea, ma la farfalla non può ancora volare poiché ha le ali bagnate.
Grandi gocce di pioggia cadono facendo vibrare lo stagno, altre due gocce cadono vicino alla ninfea e la farfalla sussulta, un’altra goccia cade sulla ninfea facendola ribaltare e la farfalla cade così nell’acqua.
Riapre gli occhi e si sorprende di essere ancora viva. Poi, però, si accorge però di non essere al sicuro: è dentro una teca, in uno studio; non è l’unica ad essere lì, ci sono molte altre teche con dentro molti insetti. Sulla stessa parete delle teche c’è una finestra chiusa; sulla parete opposta c’è un poster che illustra una mosca con molte frecce collegate sulle varie parti del corpo, proprio sotto il poster si erge un’imponente scrivania.
La stanza in cui si trova è buia e lei è sola; la solitudine alimenta pian piano la malinconia che a sua volta favorisce il sonno, così la farfalla chiude gli occhi e si prepara a passare la notte in quella angusta teca.
Riaprendo gli occhi, nota con suo dispiacere che è già mattina. Alla scrivania, diversamente dal giorno precedente, c’è un uomo anziano, che sta schizzando qualcosa su un foglio. All’improvviso, probabilmente per la mancanza di luce, l’uomo sospirando si alza e si dirige verso la finestra e la spalanca. La visione della luce cancella l’intorpidimento della farfalla che cerca subito di uscire dai buchi sopra la teca. Dopo un paio di spinte, è fuori, si fionda verso la finestra e riesce ad uscire.
Appena fuori, da lontano vede il suo castagno, e subito vola libera verso il suo prato.
Manuel Ricciardi
IL COLPO DI FUCILE
Mentre camminavo in una boscaglia ai piedi di una montagna incontrai un pettirosso. Sembrava felice e sembrava quasi che voleva che lo seguissi. Allora andai con lui, che mi stava portando nel bel mezzo del bosco, che era pieno di animali come scoiattoli, persino un cervo, tanti uccellini e infine un predatore che sembrava in cerca di cibo.
Il pettirosso iniziò a rallentare per non farsi vedere; stetti al suo passo e albero dopo albero continuammo ad avanzare fin quando riuscimmo a evitarlo.
Riprendemmo a camminare a passo svelto. Non riuscivo a capire dove mi stesse portando, se era successo qualcosa di grave…non sapevo niente.
Mi fermai un attimo perché avevo percepito uno strano rumore, ma lui non se ne accorse e continuò per la sua strada, quando…Pumm! Un colpo di fucile colpì il pettirosso. Accorsi a controllare la situazione e lo vidi a terra, immobile; quel maledetto cacciatore l’ aveva fatto fuori.
La mia curiosità mi spinse a continuare sulla strada che stavamo percorrendo io e il pettirosso; dopo qualche minuto arrivai ad uno splendido paesaggio con la famiglia del pettirosso morto; cercai di farmi seguire in qualche modo, ci riuscii e li portai in quel maledetto posto: lo presero col becco per le ali e lo portarono nel loro nido nella speranza che potesse tornare con loro.
A.S.
IL GATTO ARANCIONE
Ero in un mondo parallelo, tutto distrutto, dove non c’era anima viva; l’unica cosa viva ero io. Camminai a lungo per tutto quel paese completamente distrutto, pieno di macerie di case, carcasse di macchine. Non c’erano neanche le ossa delle persone, solo cenere. Sembrava che le persone fossero state carbonizzate. A un certo punto vidi un gatto, sull’arancione: mi sembrava quello del cartone animato “Garfield”. Sentii tristezza nei suoi confronti, era come se volesse dirmi qualcosa, che cosa era successo. Non so il motivo ma era come se mi spingesse ad andare con lui. Iniziò a camminare ed io come se fossi attratto da qualcosa lo seguii. A un certo punto mi guardò fisso negli occhi e… Beh, non sono in grado di descrivere cosa fosse successo, ma vidi tutto quello che lui aveva passato, come l’abbandono del suo vecchio “padrone”, del suo vecchio amico, e anche come la città era stata distrutta, a causa di una guerra, dove la gente veniva carbonizzata, e lui, per non essere ucciso, si era nascosto nel ripostiglio di una casa. Vidi poi anche quello che era successo a me ,tutto quello che era capitato nella mia vita di 14 anni, cose belle e cose brutte. Però mi accorsi di una cosa: non esistono quelle che noi chiamiamo cose belle e cose brutte; esiste solo il modo in cui noi scegliamo di vederle. Per esempio, la separazione dei miei genitori poteva essere vista come una cosa positiva o negativa. Mostriamo sempre una maschera e le uniche persone che mostrano la verità sono sempre quelle che noi chiamiamo “sfigati” o “anormali”.
Adesso il gatto stava scomparendo piano, piano, ma vedevo delle persone dietro, erano quelle che avevano carbonizzato gli abitanti di quella città e che avevano distrutto quel paese; e il gatto si stava sciogliendo mentre io stavo andando in alto, molto velocemente, e… BUM !
Niccolò Senes
BLITZ
È un cavallo selvatico che vive nelle campagne.
Ogni mattina si sveglia e va a correre con il suo branco, ma un giorno mentre sta correndo con il suo branco incontra dei cacciatori. Quei cacciatori hanno iniziato a sparare ai cavalli. Sfortunatamente per Blitz, hanno ucciso metà branco. Dopo qualche ora dall’attacco il resto dei cavalli sta piangendo la morte dei compagni. Blitz da quel giorno promette di vendicare la morte dei cavalli.
Oramai sono passati dei mesi, ma dei cacciatori che avevano ucciso i cavalli nessuna traccia. Dopo altre due settimane i cacciatori tornano all’attacco e Blitz a quel punto corre verso i cacciatori e viene ucciso.
R.S.
UNA LEPRE SALTELLA
Una lepre saltella nell’erba alta di una pianura.
Ha una pelliccia marrone chiaro con una piccola coda, due grande orecchie, degli occhi piccoli e neri come la pece, due grandi incisivi e quattro zampe molto robuste.
Si mette a correre e così decido di seguirla. Si sta addentrando in un bosco lì vicino,si muove molto agilmente e velocemente.
Arrivati in una radura,mi nascondo dietro un cespuglio, mentre lei va vicino ad una casa con un orto,prende cinque carote e ne mangia una.
Poi riprende il cammino,continuo ad inseguirla finchè non arriviamo ad una buca dalla quale escono 3 leprotti ed una lepre grande.
La lepre che sto inseguendo tira fuori le carote e le da ai piccoli e all’altra lepre.
Si mette a piovere, io mi metto sotto ad un albero e le lepri nel loro buco, ma dopo neanche un minuto la pioggia diventa più violenta e il buco si allaga.
Escono i 3 leprotti e una lepre ed io mi siedo per vedere cosa fanno; neanche passano 10 secondi che tutte le lepri mi si avvicinano. I leprotti salgono sulle mie gambe invece la lepre grande mi fissa e mi sembra di sentire che mi dice: ”Vado a salvare mia moglie, se non tornassi vivo con mia moglie, prenditi cura di loro”.
La lepre entra: passano 5 minuti e non torna,ne passano poi 10 e non torna e da quel momento capisco che è morta cercando di salvar sua moglie. Dopo mezzora finisce il temporale,prendo il mio zaino, faccio entrare i cuccioli e torno a casa.
Intanto, mentre torno a casa mia, tutti e tre si addormentano.
Arrivo a casa e incomincio a costruire una gabbietta con porta d’uscita da mettere in giardino; so che dovrò incominciare a curarle, a sfamarle e a giocare con loro.
Giorgio Stucchi
SQUALI LITIGIOSI
Ultimamente nel mare c’erano due squali che non andavano molto d’accordo ed ogni giorno erano sempre a litigare. Più il tempo passava, più le cose peggioravano e disturbavano gli altri pesci fino a quando non scoppiò una sorta di guerra tra di loro e radunarono una specie d’esercito. La guerra andò avanti per mesi fino a quando, vedendo il mare distruggersi, il Re intervenne e radunò un esercito di cavallucci marini che interruppero il conflitto. Ci furono morti e feriti e i due squali vennero uno esiliato e morì per via degli umani, l’altro imprigionato nelle celle del Re dei mari. Dopo svariati anni il regno venne riparato e il Re morì di vecchiaia.
Leonardo Varisco