UN VIAGGIATORE CHE AMA INSEGNARE. Intervista al prof. Emilio Cantù
Intervistiamo il prof. Cantù alla ricerca di alcuni aspetti della vita professionale e umana di uno dei docenti che da più anni lavora nella nostra scuola. Scopriamo così come viaggiare e insegnare, le sue due grandi passioni, possano diventare strumenti per conoscere meglio se stessi e gli altri, per «andare a fondo dell’animo e della mente, capendo così l’umanità».
Prof. Cantù, si descriva con tre parole.
Insegnante;
viaggiatore;
fragile.
Perché fragile?
Perché alcuni aspetti del mio carattere non li so gestire bene e a volte mi vengono sensi di colpa e mi sento attaccabile.
C’è mai stato un momento in cui ha desiderato lasciare l’insegnamento?
Assolutamente no.
Che studi ha svolto?
Magistrali.
Che tipo di studente era al liceo?
Ero uno di quelli che studiava tanto senza essere felice. Avevo poche relazioni con gli altri miei coetanei. Dai compagni non venivo definito come un “secchione” ma solo uno che sta sempre sulle sue. Sulla pagella ho sempre preso voti positivi, tranne una volta in latino: facevo parte di quella schiera di ragazzi che non studiano bene la materia del professore “antipatico”, incapace di stabilire una buona relazione con i propri studenti. Io poi finivo con il lavorare solo per un’idea di obbligo.
Cosa l’ha spinta a fare l’insegnante?
Ho sempre sognato di fare il maestro. Persino quando giocavo da piccolo con mio fratello prendevo il ruolo di maestro e lui faceva lo studente. Crescendo ho poi iniziato a desiderare di fare il professore perché volevo insegnare lingue straniere.
La parte che preferisce e quella che detesta dell’insegnamento?
Non mi piace la correzione dei compiti scritti. La valutazione orale è piacevole quando si insegnano lingue straniere, ma correggere in casa mi annoia e ogni due verifiche devo interrompere per fare altro. Per il resto tutto quello che fa parte dell’insegnamento mi piace, compreso l’entrare in classe anche quando ci sono dei problemi da risolvere con gli studenti e i rapporti non sono lineari.
Il suo lavoro continua ad affascinarla, quindi?
Tantissimo.
Cosa pensa dei rapporti umani a scuola?
Sono fondamentali, senza di questi non si può imparare.
Pensa che sia un ambiente in cui si possano fare buone amicizie?
Io, per mia esperienza, posso dire che si possono fare tantissime amicizie durature nel tempo.
Consiglierebbe questo lavoro?
Lo consiglio solo alle persone che pensano di esserne in grado e che hanno una grande passione per l’insegnamento e lo stare con i ragazzi, perché questo non è solo un mestiere, penso che sia anche una sorta di missione, una capacità che uno ha dentro.
Pensa che insegnare letteratura sia ancora oggi importante?
Certamente: penso che la letteratura, e in generale leggere e studiare, sono e saranno sempre importanti. Danno l’opportunità di conoscere meglio se stessi, gli altri ed il mondo in generale. Grazie alla letteratura si può andare a fondo dell’animo e della mente, capendo così l’umanità.
Preferisce la letteratura italiana o inglese?
Inglese.
Cosa le piace della letteratura inglese?
Essendo la materia che insegno, mi piace tutto e non c’è nessun argomento di cui io possa “lamentarmi”. Certamente preferisco alcuni autori ad altri; per esempio, amo in particolar modo la letteratura gotica, “quell’orror bello, che attristando piace”.
Qual è il suo autore preferito?
L’autore che preferisco si chiama Michel Tournier. È un romanziere francese di cui ho letto in passato i romanzi. Posso dire che i suoi libri che mi hanno colpito maggiormente sono: “Le meteore “e “Il re degli ontani”.
Cosa pensa di fare dopo la pensione?
Viaggiare, viaggiare e viaggiare.
Che tipo di viaggiatore è?
Un viaggiatore solitario
Dove le piacerebbe andare quest’estate?
In Nuova Zelanda.
Come mai?
Mi piace andare nei posti di cui non so nulla o quasi nulla. Al momento della Nuova Zelanda conosco solo i Maori e mi piacerebbe capire da vicino come vivono, dove vivono e in generale la loro cultura. Un’altra cosa che mi affascina di questo Paese è il paesaggio; me lo immagino selvaggio e naturale: proprio per questo motivo vorrei andarci per vedere qual è la vera realtà.
Il viaggio più lontano che ha fatto?
In Vietnam.
Il viaggio più bello che ha fatto fino ad ora?
In verità sono due: Afghanistan e Vietnam.
Cosa pensa di avere imparato da questi viaggi?
Ho imparato a conoscere di più me stesso, quelle parti nascoste di cui ancora non ero a conoscenza e che sono emerse da queste avventure. Ogni persona pensa di sapere com’è, ma quando ci si trova in situazioni completamente nuove, si riescono a scoprire parti di sé che prima non emergevano.
Vuole citare un esempio di quello che ha imparato di sé?
Ho capito di essere piuttosto forte davanti alle intemperie climatiche. Non ho un fisico particolarmente robusto, ma ho compreso che nonostante ciò reggo molto bene il caldo, il freddo e la fatica. Viaggiando però ho soprattutto scoperto che sono estremamente disponibile nel conoscere gli altri. Questa conoscenza non mi fa paura né mi spaventa, la ritengo uno stimolo e un modo di allargare il miei orizzonti sotto tutti i punti di vista.
Tegitu Casiraghi, Michela Caspani, Marta Margutti