THE STARTUP. Dove l’ingegno porta in alto
The startup, pellicola diretta da Alessandro D’Alatri, è l’adattamento cinematografico di una storia realmente accaduta. Il film porta in luce l’ingegno di un ragazzo appena ventenne che, dovendo affrontare tutte le dinamiche di un ragazzo della sua età, come ad esempio la scelta universitaria, cerca di risolvere tutti i suoi problemi partorendo un’idea geniale come quella di un social network per lavoratori. Il format, di per sé, non è nulla di nuovo: il cinema hollywoodiano ha già messo in scena situazioni simili, come ad esempio nel film The social network. Quello che caratterizza The startup e lo distingue da altre opere dello stesso genere, è il suo ruotare intorno a un concetto presente in quasi tutto il film: il valore della meritocrazia in tutti gli ambiti, a partire dallo sport passando per la scuola e il mondo del lavoro. Il film è pieno di spunti che, approfondendo il tema della meritocrazia, mostrano sia quanto essa non venga rispettata sia quando permetta l’apertura di prospettive nuove, anche inaspettate, per il protagonista.
Per dare un’idea più dettagliata di come il film espliciti la tematica, dobbiamo fare un piccolo accenno alla trama. Matteo, un ragazzo romano, appena finite le scuole superiori si ritrova in una situazione di incertezza: il padre perde il lavoro e, di conseguenza, lui non può più andare all’università. Durante questa fase il ragazzo si ingegna e, stimolato dalla sua situazione, trova l’idea di creare un social network, che chiamerà poi Egomnia, e grazie a esso comincia la sua ascesa sia economica che sociale. Le dinamiche illustrate, da quelle universitario-lavorative a quelle sentimentali, non sono sempre rose e fiori: questo rende l’intreccio più movimentato, ma non per questo meno prevedibile. Infatti uno dei punti deboli della sceneggiatura sta nella facile prevedibilità di molte sequenze, facendo diminuire la suspance e l’attenzione dello spettatore.
Una delle scene più riuscite ha come location l’Università Bocconi di Milano, dove Matteo, durante un esame disastroso, si ritrova messo alle strette dal professore che, cercando quasi di provocarlo, gli propone un 30 politico in virtù dell’azienda da lui creata. Il protagonista risponde con un semplice cenno di assenso, mostrando come gli ideali da lui sempre portati alti durante la sua ascesa all’olimpo dei vincenti fossero fragili. È proprio questa caratteristica a rendere il film autentico e stimolante: il mettere in luce la fragilità e la difficoltà nel risolvere situazioni difficili che contraddistingue gli esseri umani. C’è anche da rimarcare che sono proprio le difficoltà a spronare Matteo a rialzarsi, sia nella situazione iniziale sia durante gli altri snodi critici che caratterizzano la trama messa in scena dalla pellicola.
Concludendo, il film si rivela una visione con alcuni spunti di interesse: pur non brillando di originalità, sa portare lo spettatore a riflettere in modo problematico intorno alla dialettica tra reale e ideale.
Michel Benedetti