STATION TO STATION di David Bowie. Suoni da un’altra dimensione
1975, Los Angeles, Stati Uniti.
“Station to Station” nasce all’ombra di una vita ormai avvizzita dalla fama e dal conseguente uso sfrenato di droghe come attenuante della sofferenza psicologica. La traccia, dalla notevole durata di dieci minuti, spalanca le porte a un album oscuro e dai toni infernali, caratterizzato da una impressionante trasposizione musicale dell’instabilità e della fragilità di una mente pesantemente corrotta e radicalmente smarrita.
“The return of the thin white duke, throwing darts in lovers’ eyes”.
Chi è il duca bianco? Una figura oscura e avvolta dal mistero, a noi molto distante.
Egli non è un personaggio, bensì una persona in carne ed ossa. Egli è concreto e astratto al tempo stesso; non ha nome e non trova posto nella nostra realtà. Egli tenta di riacquisire la preziosa realtà che ha smarrito da tempo, estraniandosi inesorabilmente dalla semplicità, dalla purezza del nostro mondo.
Tutto comincia con lo sferragliante suono di un treno, che si sposta a gran velocità su tutto l’orizzonte sonoro. Una volta terminata la “visione”, si fa spazio una introduzione strumentale della durata impressionante di tre minuti.
Emerge lentamente una melodia, le cui note sembrano trascinare l’ascoltatore lontano, proprio nel luogo dove dimora lo stesso duca bianco.
La fase di apertura risulta praticamente interminabile: i medesimi suoni si ripetono all’infinito e il ritmo fatica a variare, proprio a simboleggiare la condizione stessa del protagonista. Proprio come se qualcosa stesse per accadere, ma quell’istante non arrivasse mai e si finisse con il tornare sempre al punto di partenza.
Dopo ben tre minuti dalla “partenza”, udiamo finalmente una voce emergere dall’abisso incessante di note. Il lamento di un uomo rimbomba ora nella nostra testa: è proprio il duca bianco.
Immediatamente nella nostra mente si fa strada un’immagine sempre più nitida, figlia delle poche parole pronunciate dal protagonista. Un’immagine che si costruisce lentamente, verso dopo verso.
“Eccoci qui, io e te, in questo luogo magico dove nascono i sogni.”
Bowie si rivolge probabilmente allo stesso duca, che dimora nella sua mente da tempo. Egli sembra inoltre richiamare l’attenzione dell’ascoltatore, trascinato quasi forzatamente nella sua dimensione artistica.
“Questa armonia si flette sull’oceano (nel quale sto annegando). Sono completamente smarrito nel mio cerchio, soffocato dalle mie visioni.”
Ora il duca sembra esporre la sua condizione, raccontando di essersi smarrito lungo il suo cammino. La figura del cerchio è infatti metafora della vita (Principio, termine e nuovamente principio).
“Non proietto colori. La mia mente si eleva sopra l’oceano, nella stanza dove trascorro le mie giornate.”
Nessun colore, non c’è vita. È tutto bianco e nero. Rimane solo un corpo, spogliato di ciò che fu. Ciò che ancora rimane sta lentamente svanendo. Egli si illude di poter guardare oltre senza rendersi conto che, mentre la sua mente si innalza, l’anima stessa sprofonda nell’abisso. Ogni cosa ha smarrito la sua naturale purezza.
“Eccoci nuovamente qui, in questo movimento magico tra il regno e la corona, tra sogno e realtà. Sono come un demone (creatura interposta tra il mondo divino e quello reale), che si sposta con furia da una stazione alla successiva”
Il duca sta dunque cercando qualcosa che lo riporti il prima possibile alla vita, dando furiosamente la caccia ad un nuovo ideale, uno schema, una verità.
“Un tempo vedevo la luce della speranza illuminare il mio sentiero e non avrei mai immaginato che un giorno mi avrebbe abbandonato. Bisogna continuare a cercare e cercare… non posso arrendermi! Oh, in cosa crederò domani? Quale di quelle anime dolci mi farà innamorare?”
Ora il ritmo cambia, e con esso l’intero ragionamento: ora la mente sembra essere sovrastata dai ricordi di un’esistenza migliore, dove la semplicità della natura umana era fonte di gioia e purezza. Ora il narratore è lo stesso Bowie, nonché David Jones, il quale comincia a desiderare di invertire la marcia, dando inizio a una retrocessione che potrebbe riportarlo alla vita, facendolo riemergere dalle profondità di quell’oceano (che cita più volte nel testo), dove la luce riesce difficilmente a giungere.
Il binario però è solo uno, e il treno sembra anzi accelerare nuovamente, scagliandosi a tutta velocità attraverso l’orizzonte. Il ritmo muta infatti per la terza ed ultima volta.
Ora tutto sembra confuso. Le visioni (prima) e le paure (poi) prendono il sopravvento.
“Questi non sembrano effetti collaterali della cocaina, forse sono realmente innamorato.”
Ed ecco aprirsi le cupe nuvole grigie, lasciando intravedere uno spiraglio di luce. Un barlume di speranza, lontano e irreale. Il tutto però dura pochi istanti, per poi terminare bruscamente come nel peggiore degli incubi.
Nasce come un sentimento di terrore: la salvezza sembra improvvisamente troppo lontana, praticamente irraggiungibile. Quella luce tanto bramata sembra addirittura in procinto di scomparire.
E infine, proprio come negli incubi, le proprie paure finiscono in molti casi per concretizzarsi.
“è troppo tardi per mostrare gratitudine. È troppo tardi per essere nuovamente in ritardo. È troppo tardi per sfogare il proprio odio...
è troppo tardi… Eppure non sono ancora stato battuto.
Dovrei forse credere di essere stato battuto? Il mio volto mostra qualche tipo di rossore?”
Il capolinea è oramai ineluttabile e vicino. Non rimane più tempo. Il treno, spedito, si allontana a tutta velocità, scomparendo all’orizzonte. L’uomo ha ormai perso la sua fermata, ma il duca assolutamente non vuole darsi per vinto.
Nel profondo, entrambi sono consapevoli che non c’è più tempo per riabbracciare la vita… o almeno così sembrerebbe.
Michele Santospirito
STATION TO STATION
The return of the Thin White Duke
throwing darts in lovers’ eyes
Here are we one magical moment
Such is the stuff from
where dreams are woven
Bending sound
Dredging the ocean lost in my circle
Here am I
Flashing no colour tall in this room
overlooking the ocean
Here are we
One magical movement
from Kether to Malkuth
There are you
You drive like a demon
from station to station
The return of the Thin White Duke
throwing darts
in lovers’ eyes (x2)
The return of the Thin White Duke,
making sure white stains
Once there were mountains on mountains
And once there were sunbirds to soar with
And once I could never be down
Got to keep searching
and searching
Oh what will I be believing
and who will connect me with love?
Wonder who wonder who
wonder when
Have you sought fortune evasive and shy?
Drink to the men who protect you and I
Drink drink drain your glass
raise your glass high
It’s not the side-effects of the cocaine
I’m thinking that it must be love
It’s too late
– to be grateful
It’s too late
– to be late again
It’s too late
– to be hateful
The european canon is here
I must be only one in a million
I won’t let the day pass
without her
It’s too late
– to be grateful
It’s too late
– to be late again
It’s too late
– to be hateful
The European canon is here
Should I believe that I’ve been stricken?
Does my face show
some kind of glow?
It’s too late
– to be grateful
It’s too late
– to be late again
It’s too late
– to be hateful
The european canon is here, yes it’s here