Sono una ragazza e sono stata incinta…
Condividiamo la testimonianza di una nostra studentessa in merito a una gravidanza interrotta.
Avvisiamo i lettori che il testo tratta un tema estremamente delicato: non è certo una lettura da fare a cuor leggero, così come non è con leggerezza che è stato scritto e non è con superficialità che abbiamo deciso di pubblicarlo.
Sono una ragazza e sono stata incinta.
La mia è una storia scomoda che deve essere raccontata. Non mi soffermerò sui dettagli per non farmi riconoscere, tanto non è questo l’importante. Il mio scopo è quello di diffondere la mia storia per far sentire meno soli le ragazze e i ragazzi che devono affrontare questa cosa.
Sono rimasta incinta nonostante le precauzioni che ho preso. Nulla dà una certezza al 100% e questo non ve lo dico per terrorizzarvi, ma per normalizzare la cosa. Succede e non sempre c’è una colpa. La mia famiglia mi ha colpevolizzata e per un po’ l’ho fatto anche io. Non fatelo. Prima smettete di farlo e prima affronterete i problemi che una gravidanza comporta.
Vi ho detto che sono stata incinta perché ora non lo sono più.
Sono andata incontro a una interruzione volontaria di gravidanza quando ero incinta di due mesi. È un’operazione chirurgica a basso rischio. Si fa in sedazione, quindi non si è coscienti e dura poco.
È stata la cosa più dura che abbia mai affrontato.
Ho iniziato a piangere quando sono venuti a prendermi in camera e quando mi sono svegliata dall’anestesia piangevo ancora. Non sono la persona più adatta a descrivere le conseguenze mediche, ma io stavo bene fisicamente già da 10 minuti dopo. Per quanto riguarda la parte psicologica, non sto ancora bene, ma ci arriveremo.
La prima settimana in cui ho saputo di essere incinta è stata la migliore della mia vita.
Già da tempo sentivo che cresceva qualcosa in me e, quando ho avuto la conferma, questa sensazione è diventata più forte. Lo sapevamo io, il mio fidanzato e la mia migliore amica, ed era perfetto. Ormai da un paio di anni sentivo l’istinto di diventare madre e finalmente ne avevo la possibilità. Il mio ragazzo e la mia amica mi appoggiavano. Conoscono questo lato di me e da un lato erano felici nonostante la preoccupazione.
Dopo una settimana ho dovuto dirlo a mia madre. Non ci credeva e mi ha obbligata a fare un nuovo test. Anche quello positivo. Per lei l’unica opzione era l’interruzione. Qualche giorno dopo mi ha portata dal ginecologo che ha confermato la gravidanza. Cinque settimane. Mi ha spiegato le opzioni e il fatto che non avessi troppo tempo.
Io nel frattempo mi ero convinta di tenerlo. Sapevo che sarebbe stato difficile e avevo iniziato a informarmi. Avevo scoperto che ci sono molti incentivi e assegni statali e avrei potuto fare richiesta della DAD per proseguire gli studi dopo il parto e prendere il diploma. La cosa più assurda è che, nonostante abbia cercato e ricercato, non ho trovato un regolamento riguardante le studentesse in stato di gravidanza o madri (o studenti padri) nelle scuole secondarie, anche se so per certo che non sono la sola che è rimasta incinta. È una cosa che vorrei cambiasse e per farlo spero che qualcuno di competenza legga.
Nel viaggio di ritorno dal ginecologo ho provato a dire a mia madre che avrei voluto tenerlo. Le ho detto delle mie ricerche e dei calcoli dei costi che avevo fatto. La sua risposta non uscirà mai dalla mia testa: “Ti sto lasciando la possibilità di scegliere, ma se farai la scelta sbagliata sceglierò io per te”. Questa frase mi ha distrutta e sono diventata talmente debole che non sono riuscita a rimanere ferma sulle mie decisioni.
Ho avuto paura di rimanere sola. Per me prendere decisioni non è mai stato difficile. Era sempre stato tutto sì o no, non esistevano forse. Questa è stata l’unica scelta che mi ha messa in crisi. Io volevo una cosa e sono stata troppo debole e spaventata per averla. Mi sono pentita all’istante.
Lo so che è difficile, ma non lasciarti influenzare: è una scelta che porterai con te per sempre ed è giusto che sia solo tu a prenderla. Ogni volta che parlavo con qualcuno, il risultato della conversazione era: lo tengo. Poi, però, quando dovevo confrontarmi con i miei genitori finivo sempre seppellita. Ho passato un periodo terribile in cui piangevo in continuazione ed ero circondata da persone che volevano costringermi a interrompere la gravidanza.
Alla fine ho detto: “Andiamo a vedere al consultorio, che sarà mai, al limite mi tiro indietro”. Quando contattammo il consultorio scoprimmo che, essendo minorenne, serviva la firma di mio padre. E così due giorni prima dell’appuntamento lo scoprì anche lui. La tensione aumentò e le pressioni peggiorarono.
Era un giovedì mattina quando andammo là. Tutti gli infermieri e i medici che mi giudicavano più o meno velatamente. E compilammo un sacco di moduli.
Dopo la visita ginecologica incontrai un’assistente sociale. È stata l’unica gentile. Abbiamo parlato e mi ha proposto l’adozione. Se solo l’avessi presa in considerazione, magari ora potrei ancora scegliere di avere mio figlio…
Mi diedero l’appuntamento per il mercoledì successivo. Neanche una settimana dopo. Se solo avessi avuto più tempo.
Il lunedì ho fatto il prericovero, ma sono risultata positiva al covid. Mi hanno spostato l’intervento al venerdì. Ho passato tutta quella settimana da sola. L’assistente sociale mi aveva chiesto di incontrarla intuendo i miei dubbi, ma non potevo. Se l’avessi vista.
Continuo a mettere tutti questi se…
Non so cosa mi abbia portata qui. A volte incolpo la mia debolezza, altre i miei genitori, altre ancora il fato. La verità è che non lo so e non lo saprò mai. Non so quale granello abbia sbilanciato la bilancia. E se anche tu dovessi prendere una decisione simile e dovessi chiederti alla fine cosa ti ha portato lì, non chiedertelo, perché tanto non avrai una risposta e così ti risparmierai dolore e ore di sonno. Qualunque decisione prenderai, probabilmente non saprai neanche tu come ci sei arrivata, se te lo chiederai. Ma è meglio non chiederselo.
Quel dannato venerdì mi sono svegliata all’alba. Arrivata in ospedale, mi hanno messa in una stanza in ginecologia. Mi hanno visitata e ho visto mio figlio per l’ultima volta. Poi mi hanno dato gli antibiotici e mi hanno inserito delle capsule per dilatare e ammorbidire il collo dell’utero. Mi hanno ricoverata in pediatria per aspettare. Sono passate delle ore. Quando sono venuti a chiamarmi sono scoppiata in lacrime. Tutte le emozioni che avevo trattenuto dietro una maschera di ironia erano uscite. Arrivata fuori dalla sala operatoria ormai, tra un singhiozzo e l’altro, facevo fatica a respirare. C’era un’infermiera gentile che mi ha tenuto la mano. Mi hanno dato un sedativo per calmarmi. Poi mi hanno portata dentro.
Mi girava la testa e penso di aver parlato un po’ a vanvera. Credo anche di aver ringraziato il chirurgo, non so. Poi mi hanno iniettato l’anestesia. Ho sentito freddo e pizzicore alla faccia poi nulla…
Il primo ricordo dopo è quando ero in ascensore. Piangevo e ho cercato di raggomitolarmi, subito sgridata dalle infermiere. In camera mia madre ha cercato di avvicinarsi. Le ho urlato contro. Appena ho smesso di piangere, è tornata l’ironia. Ero impaziente e affamata. Mi hanno iniettato un altro farmaco per evitare di formare anticorpi contro le gravidanze. Il sanguinamento, infatti, potrebbe segnalare al corpo che la gravidanza era un problema e quindi i miei anticorpi aggredirebbero mio figlio in una possibile futura gravidanza. Comunque, in quattro ore sono stata dimessa e sono tornata nel mio isolamento. Questa volta completamente sola.
Il lunedì sono risultata negativa e mia madre positiva. Oltre a tenere a bada i miei sentimenti, ho dovuto tenere la casa, cucinare, pulire, lavare, ecc. Intanto sono tornata a scuola. Ho preso le mie prime insufficienze in più di sei anni. Scoppiavo a piangere durante le lezioni e non mi concentravo più. Continuavo a urlare addosso alle persone per tutta la rabbia che avevo dentro.
Poi è arrivata la tristezza. Ho iniziato a vedere una psicologa che un po’ mi ha aiutata. Ma a distanza di due mesi la situazione non è molto migliorata. Da poco mi hanno diagnosticato il disturbo da stress post-traumatico e credo che dovrò entrare in terapia per desensibilizzare il ricordo.
La situazione non è semplice, ma sto cercando di combattere. I miei voti sono un’altalena e il mio umore cambia più velocemente che mai. Spesso mi sento sola e triste, anche se il mio fidanzato fa di tutto per farmi star meglio. Mi ha regalato quantità industriali di cioccolato solo perché aumenta le endorfine e mi fa spesso il solletico per vedermi sorridere.
Tra poco sarà la festa della mamma. Sarà particolarmente difficile. Una donna quando rimane incinta diventa subito una madre, che la gravidanza finisca bene o meno. Il corpo di una mamma che ha ospitato suo figlio, anche se per poco, ha usato le sue energie per crearlo e lo ha amato. Una madre ama il figlio e lo sente dal primo istante, anche se ancora non sa se è lì. Ora io sono una madre senza un figlio e credo sia uno dei dolori più grandi.
Ora conosci la mia storia. Ora sai cosa si prova nella mia posizione, in base alla strada che ho scelto. Tu non sei me, ma scegli bene e consapevolmente perché riguarda te e al massimo il padre. Nessun altro.
Una studentessa