PORAJMOS, il “grande divoramento” dei romanì durante la Seconda Guerra Mondiale
Con il termine Porajmos, che significa “grande divoramento”, s’intende la persecuzione e il genocidio delle popolazioni romanì, ovvero Rom e Sinti, perpetrato dal regime nazista.
Già prima dell’ascesa del nazismo e lo scoppio del conflitto mondiale, nei vari paesi europei erano stati presi nei confronti della popolazione romanì pesanti provvedimenti, che colpivano particolarmente il nomadismo.
Questi provvedimenti arrivarono anche in Germania, a cominciare dalla regione della Baviera dove dal 1926 fu instaurata nei confronti di Rom e Sinti una forte politica di sorveglianza, vennero imposti severi limiti al nomadismo, punito con i lavori forzati, e venne imposto l’ordine di censimento delle famiglie romanì presenti nel territorio; poi, nel 1929 la legge bavarese divenne legge statale.
Tra il 1933 ed il 1935 con l’ascesa al potere del NSDAP (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei), i grandi centri abitati iniziarono a prendere dei provvedimenti sempre più stringenti per le famiglie romanì, fino a installare dei campi d’internamento in cui confinarli temporaneamente.
Nel settembre 1935, con l’emanazione delle leggi di Norimberga, i Rom e i Sinti furono definitivamente esclusi dalla società tedesca in quanto non rientranti nel piano di “tutela e preservazione della razza ariana”.
Nel 1936 in vista dei Giochi olimpici, moltissimi sportivi Rom e Sinti furono momentaneamente internati affinché non potessero partecipare.
Nel dicembre del 1938 Himmler emanò l’ordine di censimento delle popolazioni romanì sul territorio del Reich e ne legalizzò la sterilizzazione.
Negli anni successivi inizieranno le operazioni di liquidazione nei campi di concentramento del Reich. Diversamente dagli ebrei, per i quali dall’autunno 1941 era stato pianificato lo sterminio e di conseguenza il trasferimento prevalentemente nei centri di sterminio dell’Aktion Reinhard, molti Rom e Sinti furono internati nei campi di lavoro e concentramento nazisti, altri invece liquidati verso i ghetti polacchi. Nell’aprile del 1940 ad esempio furono trasferiti a Lodz 5000 Rom e Sinti dalla Germania per essere liquidati a Chelmo nel novembre del 1941, dove furono eliminati con l’ausilio di monossido di carbonio nei camion a gas.
Nel 1941, quando la popolazione romanì era ormai in forte diminuzione, Himmler rilanciò la loro registrazione.
Il 16 dicembre 1942 Himmler, capo delle SS, emanò il cosiddetto “decreto Auschwitz” con cui venne predisposta la liquidazione di Rom e Sinti dai territori del Reich verso il complesso concentrazionario di Auschwitz.
Il primo trasporto di romanì dalla Germania arrivò ad Auschwitz II – Birkenau il 26 febbraio 1943. Questi, a differenza degli ebrei, non vennero sottoposti ad alcuna selezione.
Questo primo nucleo di prigionieri romanì, insieme ai successivi, venne registrati con la lettera Z (Zigeuner) che precede il numero di matricola ed internati nel “campo famiglie romanì” di Birkenau; ovvero il settore BIIe.
Verranno internati ad Auschwitz oltre 23 mila (tra loro 6.000 bambini) Rom e Sinti. Di questi, nella primavera del 1944 ne erano ancora in vita solo 6 mila.
Nel maggio del 1944 con l’arrivo imminente dei trasporti dall’Ungheria, le SS di Auschwitz predisposero la liquidazione del settore BIIe dai romanì.
Pochi giorni più tardi, il 16 maggio le SS diedero inizio al piano di liquidazione del Zigeunerfamillelager, piano che venne immediatamente interrotto a causa di una rivolta da parte dei prigionieri.
Il 25 maggio un primo gruppo composto da 1.500 tra Rom e Sinti considerati abili al lavoro vennero trasferiti a Ravensbrück. A seguire, il 2 agosto ne partì un altro con 1408 prigionieri.
I 3 mila prigionieri Rom e Sinti rimasti nel campo, in prevalenza donne, anziani e bambini, vennero trucidati la notte tra il 2 ed il 3 agosto nel crematorio V. Tra le vittime, c’è Settella Steinbach, uno dei volti simbolo dell’Olocausto dei bambini, deportata ad Auschwitz dal campo di transito Westerbork, morì la notte tra il 2 ed il 3 agosto 1944 insieme a sua madre, due fratelli, due sorelle, una zia e tre cugini.
«Il blocco degli zingari sempre così rumoroso, s’è fatto muto e deserto. Si ode solo il fruscio dei fili spinati e porte e finestre lasciate aperte che sbattono di continuo», dalle parole di Miklos Nyiszli, medico ungherese deportato ad Auschwitz nel 1944 e scelto dal dottor Mengele come suo collaboratore. Nyiszli lavorava prevalentemente nelle strutture di sterminio dove si occupava principalmente della dissezione dei corpi delle vittime (particolarmente quelli delle coppie di gemelli zingari ed ebrei, di persone affette da nanismo e gigantismo), per poi essere comparati ed utilizzati nelle ricerche antropologiche del dipartimento medico di Auschwitz.
Lorenzo Roncaglia