MACCHINETTE ASSASSINE, menzione speciale del concorso “Un giallo… di classe!”
Pubblichiamo il racconto segnalato dalla giuria con una menzione speciale nel concorso letterario “Un giallo… di classe!”, scritto da Carlo Bottoni, Federico Mosca e Riccardo Motta della 1^C. Buona lettura!
Era un mercoledì piovoso, e alla scuola Albert Einstein di Vimercate iniziava la prima ora.
Per la classe 1^G incominciava la lezione di laboratorio di chimica, quando, ad un tratto, gli occhi degli alunni si ritrovarono a fissare stupefatti un bigliettino tra le boccette degli acidi, posizionato al posto dell’acido solforico che mancava.
La scritta sul bigliettino recitava chiaramente: ”…alla fine, non ne rimarrà neanche uno – il giustiziere”.
Gli alunni, stupiti da quella minaccia, riportarono la notizia alla professoressa, che la andò a comunicare subito in presidenza.
La preside intervenne andando a vedere i video di sorveglianza del laboratorio ma nulla di fatto, non trovò niente di sospetto. Da quel momento iniziarono le ricerche, e la dirigente assegnò il caso alla coppia Pozzi-Besana.
Il Besana, un tipo divertente ma allo stesso tempo rigido e serio durante il lavoro, fece interrompere subito le lezioni e andò in laboratorio per cercare tracce del colpevole. Iniziò osservando il luogo del delitto per capire se c’era qualcos’altro fuori posto, e attraverso i suoi calcoli incomprensibili del seno e coseno riuscì a intuire che l’acido della boccetta di fianco era sceso di 1,78 cl.
Allora si precipitò dalla prof. Sala: “Salve prof.ssa, volevo chiederle se per caso con questo acido – e le mostrò la boccetta – unito a quello solforico rubato si possa creare qualcosa”.
La collega rispose: “Certo, se facesse una soluzione tra quei due acidi, si creerebbe un veleno che porterebbe alla morte istantanea di chiunque lo assuma”.
Il Besana allora replicò: “Cavolo, dobbiamo prendere subito il colpevole prima che agisca uccidendo qualcuno”.
A questo punto andò a riferire quello che fino ad allora aveva scoperto al suo partner Pozzi che, spaventato da tutto questo, raggiunse la macchinetta per prendersi un cappuccino e calmarsi. Bevendo il primo sorso non sentì nulla, ma appena finito di assaporare il cappuccino, svenne immediatamente. Subito arrivò il suo collega che lo vide a terra e chiamò l’ambulanza, che lo prese e lo portò in ospedale. Intanto il Besana, stupito e spaventato per l’accaduto, stava cercando di scoprire quale fosse la causa del malore.
Dopo ore di ricerca scoprì che dentro il cappuccino che aveva bevuto il Pozzi era stato introdotto dell’acido solforico. Dopo aver ragionato per un po’, capì che ciò che era appena successo si collegava al furto avvenuto nel laboratorio di chimica.
A questo punto, il Besana andò a vedere gli orari del laboratorio di chimica del giorno precedente e vide che all’ultima ora c’era stata la classe 1^C, e dato che era una delle sue classi sapeva bene chi potesse essere stato, ma comunque, per ulteriore sicurezza, si precipitò ad interrogare tutti gli alunni, compresa la prof.ssa di chimica. Da questi interrogatori venne fuori che i maggiori sospettati ora erano due persone: Ilyass Lazaar e Sala Riccardo Roberto.
Il Besana, finita la giornata, prese l’auto e andò in ospedale a trovare il suo collega Pozzi, ma ad aspettarlo erano solo cattive notizie perché, poco dopo l’intervento, il suo cuore aveva smesso di battere. A questo punto il Besana, dopo la grave perdita, diventò ancora più determinato nel risolvere il caso, perché voleva vendicare il bastardo che aveva messo il veleno nel bicchiere. Il giorno dopo ritornò sulla scena del crimine e, andando in bagno, mentre controllava nei vari cestini alla ricerca di qualche indizio, trovò una cosa alquanto sorprendente: la boccetta di acido solforico che mancava. Era vuota e rotta.
Ora bisognava solamente scoprire dove era stato messo quell’acido, chi era stato a utilizzarlo e perché l’aveva fatto.
Il Besana si prese qualche giorno di ferie per riflettere meglio sul caso; al ritorno a scuola, una cosa lo insospettì. Rispetto al solito c’erano molti meno studenti e allo stesso tempo molti meno professori e ogni giorno diminuivano a vista d’occhio, fino a che non gli giunse alle orecchie una notizia sconvolgente: tutte quelle persone che mancavano in realtà erano morte! Il Besana di conseguenza si spaventò molto e capì che qualcosa non andava e che stava succedendo qualcosa di terribile.
Mentre si aggirava per la scuola, pensieroso, venne chiamato dal ragazzo delle macchinette che gli fece vedere che il caffè, di solito in polvere, questa volta non lo era affatto, ma era liquido e aveva un sapore strano che sicuramente non era quello ordinario.
In seguito alle analisi, si scoprì che la macchinetta del caffè era stata riempita con dell’acido solforico e questo aveva causato la morte di tutti i malcapitati, perché quando si sceglieva la bevanda, automaticamente, insieme al caffè, veniva versata qualche goccia di acido.
L’azione del colpevole era stata svelata; ora mancava solo il suo nome.
Il Besana iniziò la ricerca guardando i video di sorveglianza della settimana prima, e da lì notò che l’assassino aveva sfruttato l’unico momento in cui il ragazzo delle macchinette era andato in bagno, per mettere l’acido all’interno della macchina, che era stata lasciata temporaneamente aperta; ed era stato anche furbo, perché era riuscito a coprirsi davvero bene, al punto da non far vedere il suo viso.
Ma il Besana fu ancora più furbo, perché grazie alla sua professione, riuscì a trovare il colpevole, o più precisamente la sua altezza (i suoi calcoli lo aiutarono), che era 1,58m: misurando tutti ragazzi che erano sopravvissuti alla tragedia delle macchinette, l’unico di quell’altezza era proprio il sospettato, Ilyass Lazaar.
Il Besana corse nella 1^C nel tentativo di trovarlo ma nulla di fatto, non c’era.
Ma fu proprio Wewalwala Hewage Lakindu Hashen, un alunno di 1^C, che disse al prof. che Ilyass sarebbe partito per il Marocco. Allora, molto velocemente corse verso l’auto per dirigersi verso l’aeroporto e catturarlo.
All’arrivo individuò il colpevole al gate 7. Quando quello si girò e, sbalordito, vide il docente, iniziò a correre nel tentativo di una fuga. Per il Besana il tentativo di prendere Ilyass sembrava ormai impossibile, ma fu proprio un colpo di scena a concludere il caso: spuntato da dietro un angolo, il Pozzi piombò addosso a Ilyass, lo prese e lo ammanettò. Il colpevole venne arrestato e il giudice decise di rinchiuderlo in una prigione di massima sicurezza a vita, a causa del numero sproporzionato di morti che ha fatto. Dopo la cattura, il delinquente annunciò di aver perpetrato questa tragedia per il semplice motivo che tutti gli alunni della scuola l’avevano incolpato di aver rubato i soldi alla macchinetta nel periodo in cui era rotta, perciò si voleva vendicare, uccidendoli tutti. Ora si era capito perché aveva lasciato quel biglietto minaccioso.
Il Besana, ancora stupefatto dall’improvvisa comparsa del Pozzi, gli chiese come facesse ad essere ancora vivo. Il Pozzi, ridacchiando, rispose dicendogli che c’era solo stato un equivoco tra i medici perché il suo fascicolo era stato scambiato con quello di un’anziana che era appena deceduta e, in realtà, lui era svenuto solo per lo spavento e non per il caffè, che aveva buttato immediatamente dopo averne sentito il sapore. Per questo motivo, i medici avevano creduto che fosse morto.
Carlo Bottoni, Federico Mosca e Riccardo Motta