LA NOTTE di Elie Wiesel. Un monito per l’umanità
La Notte è il famoso libro di memorie sull’Olocausto. È stato pubblicato per la prima volta dall’autore ebreo Elie Wiesel nel 1956, undici anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. L’intera trama è basata su eventi reali e racconta come la vita di un ragazzo di quindici anni abbia cessato di essere la stessa nel momento in cui la guerra è venuta a casa sua. Una guerra che l’ha portato a dire addio a sua madre e alle sue sorelle, una guerra che l’ha reso prigioniero dei campi di concentramento in territorio polacco.
L’edizione del libro che mi è venuta tra le mani ha una meravigliosa prefazione di François Mauriac. Lo scrittore francese, prima dell’inizio della narrazione dell’opera, chiarisce al lettore i temi principali del libro, notando, come poi ho potuto fare io, il profondo cambiamento nell’atteggiamento dell’adolescente nei confronti con Dio nel corso della narrazione. “La Notte” ritorna spesso al tema della fede spirituale, alimentata non dalle risposte, ma dalle domande. E se prima dell’esperienza del campo il ragazzo era pronto a mettere tutta la sua vita al servizio cieco dell’Onnipotente, dopo aver incontrato il male puro ha iniziato a dubitare dell’esistenza del Signore, ha smesso di recitare le preghiere con ossessione e la sua visione del mondo ha subito cambiamenti significativi.
Vincitore del Premio Nobel per la Pace, Wiesel racconta come nel 1944, all’età di soli quindici anni, fu deportato dalla sua città natale in Romania al più grande campo di sterminio, quello di Auschwitz in Polonia. Le pagine del libro descrivono i dettagli raccapriccianti della vita in cattività.
Durante la lettura, ha attirato la mia attenzione una strana caratteristica della popolazione della città di Sziget, la casa natale di Elie Wiesel. Sono rimasta molto sorpresa dal fatto che fino all’ultimo c’era ancora speranza per qualcosa di buono nelle persone. La popolazione locale era stata ripetutamente avvertita dell’offensiva delle truppe tedesche, ma la gente non voleva crederci. Anche la presa del potere da parte dei militari tedeschi sembrava non generare un’ondata di preoccupazione tra gli ebrei di Sziget. Come scrive lo stesso Wiesel: “I tedeschi erano già in città, i fascisti erano già al potere, il verdetto era già stato smesso e gli ebrei di Sziget sorridevano ancora”. Da un lato, mi piace l’idea che la fede nella liberazione non abbia lasciato le persone fino all’ultimo, ma allo stesso tempo la completa incomprensione delle condizioni militari che si stavano sviluppando mi perseguita, il pensare a come le persone potrebbero essere sorde agli avvertimenti, al perché non hanno ascoltato i consigli e non hanno lasciato la città, provando a salvare se stessi e la loro famiglia. Non hanno ascoltato, hanno fatto come ritenevano opportuno, hanno difeso le loro case, le loro scuole, ma ne è valsa la pena? Quanto è costata loro una simile svista?
Questo libro chiaramente non appartiene alla categoria delle opere lette e dimenticate, ma lascia un’impressione duratura sul lettore. La Notte fa riflettere sull’essenza umana e induce anche una persona a dubitare dell’esistenza del divino. Lo stile di scrittura dell’autore e il suo modo di esprimere i propri sentimenti mi ha aiutato a viaggiare negli anni della guerra, a sentire su me stessa come riuscire a vivere, o meglio sopravvivere in condizioni di genocidio, a sentire cosa vuol dire essere in un vagone del treno senza cibo per alcuni giorni, cosa vuol dire perdere una persona cara. Quest’opera è stata in grado di toccare la mia anima, mi ha fatto pensare a me stessa, a cosa devo fare come essere umano per impedire che il male si diffonda sulla terra. Dopo aver letto degli eventi di quegli anni, la mia testa inizia a smarrirsi nelle varie domande, impedendomi di trovare pace: era davvero tutto vero? Come può essere vero il fatto che qualcuno possa aver pensato allo sterminio di un intero popolo? Come si può essere abbastanza folli da volere la morte di un milione di persone?
La conclusione principale che ho tratto dalla lettura del libro è stata l’idea di diventare una brava persona, una versione di me stessa migliore, più gentile e più onesta nei confronti di me stessa e degli altri.
Stefaniia Burilicheva