Il mondo di WESTWORLD
Da più parti definita la migliore serie del 2016, Westworld (HBO) intreccia il western e la fantascienza con riflessioni di tenore filosofico sulla realtà e la sua manipolazione tecnologica.
Il 2 Ottobre 2016, sul canale americano HBO, ha debuttato la serie Westworld, ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy e basata sull’omonima pellicola di Michael Crichton del 1973, arrivata in Italia con il titolo Il mondo dei robot. Quest’ultimo film è considerato uno dei primi a parlare della ribellione delle macchine, tema divenuto poi frequente nel cinema fantascientifico.
《Una cupa odissea sull’alba della coscienza artificiale e sul futuro del peccato》. Così viene definita dallo showrunner questa serie in grado di unire due generi molto diversi fra loro, western e fantascienza, per creare un’opera dal grande spessore anche filosofico.
La trama è apparentemente semplice: in un futuro non molto lontano, Westworld è un parco a tema Western popolato unicamente da androidi indistinguibili dagli esseri umani e dotati di una psicologia complessa. Le loro azioni seguono filoni narrativi creati dagli sceneggiatori del parco, che lasciano comunque una minima libertà di improvvisazione a ogni “attrazione”. Il visitatore può scegliere se partecipare ai filoni narrativi predefiniti o esplorare il parco facendo ciò che vuole senza doversi curare delle conseguenze delle proprie azioni: infatti, qualsiasi danno causato dai visitatori nei confronti delle “attrazioni” viene riparato nottetempo in modo da renderle pronte per il giorno successivo.
Tutto questo fin quando un malfunzionamento in alcuni androidi genera nelle macchine una maggiore consapevolezza del luogo in cui si trovano e del loro scopo all’interno del parco. Questa consapevolezza fa emergere in loro degli interrogativi esistenziali capaci di portare anche lo spettatore a riflettere su quesiti ai quali i più grandi filosofi hanno da sempre cercato di trovare una risposta. È il caso ad esempio del concetto di “Velo di maya”, illustrato nell’opera di Schopenhauer Il mondo come volontà e rappresentazione, nella quale il filosofo tedesco spiega come quella che noi consideriamo realtà sia solamente un’illusione e che davanti ai nostri occhi ci sia un velo che non ci consente di vedere la verità. Seguendo questa teoria, in Westworld gli androidi si fanno metafora dell’umanità, mentre il velo viene rappresentato dal parco stesso e dalla sceneggiatura imbastita dagli autori-demiurghi: è nel malfunzionamento, nei difetti di ognisistema che si annida quindi la chiave capace di aprire la possibilità di vedere oltre questo velo.
Questo è solo un esempio degli stimoli che la serie offre e che spinge lo spettatore verso una riflessione che va in profondità, riuscendo comunque a non risultare mai noiosa o eccessivamente complessa.
Samuel Venturini