Il mondo che è ma che potrebbe essere
Il “problema ambientale”
Quando si parla di “problema ambientale” a cosa ci si riferisce veramente? Qual è il vero problema in tutto ciò? Sono per caso le calotte che si sciolgono? Sono le foreste dell’Australia e dell’Amazzonia che bruciano? Sono forse la scarsa qualità dell’aria che respiriamo, il cibo che sprechiamo o le isole di immondizia che galleggiano nel mezzo degli oceani? No, nessuno di questi incarna veramente il “problema ambientale”.
Gli errori commessi
La verità è che la nostra è una realtà a frattali: lo stesso schema si ripete esattamente nello stesso modo, per vie diverse, in proporzioni differenti. La fisica ci insegna che qualunque sia il sistema interessato, fisico, chimico o addirittura sociale o economico, a ogni azione corrisponde una reazione di egual misura. Non possiamo pensare di impedire alle foreste di bruciare senza muoverci per rallentare lo scioglimento delle calotte polari. Non possiamo ripulire il Gange o il fiume Giallo senza prima pulire l’aria stessa che inaliamo. Bisogna muoversi in simbiosi, in maniera organizzata e con decisione su ogni aspetto che sta cambiando nel nostro clima e negli ecosistemi del nostro pianeta.
Lasciate però che vi dica un’altra verità: nulla tornerà mai più come prima. Quando scarichi acqua agricola non purificata nel mare, stimoli la crescita delle alghe e la conseguente eutrofizzazione delle acque. Quando getti tonnellate di cibo non consumato, bruci milioni di litri d’acqua per coloro che non possono averla. Oppure, quando uno tsunami trasforma in macerie una centrale termonucleare sulle rive del giappone, nulla potrà mai correggere l’inquinamento radioattivo che c’è stato su quelle acque. Insomma, come si suol dire: l’umanità si sta scavando la fossa da sola.
E’ innegabile che un incremento così chiaro dell’innalzamento delle temperature mondiali sia di origine antropica. La storia umana è fatta di eccessi che hanno sempre avuto riscontri negativi sul mondo che la circonda. Siamo stati arroganti e sfrontati quando nel ‘700 abbiamo edificato le centrali a carbone e lo siamo stati anche nell’800 quando abbiamo scoperto il petrolio e non solo lo abbiamo sfruttato all’inverosimile, ma abbiamo costruito un sistema economico su di esso, inconsapevoli di quali danni stavamo facendo al nostro mondo. Abbiamo drogato la nostra economia con i combustibili fossili, risorse che ora stanno danneggiando l’organismo, perché è questo il pianeta Terra su cui viviamo, un organismo. E ora di quei combustibili che ci avvelenano non possiamo più farne a meno.
Cosa è stato fatto ad oggi?
Certo, però parliamo, facciamo tante promesse. Sono ormai trascorsi decenni da quando si sono introdotti processi di riduzione delle emissioni, di sanificazione delle acque, filtri per purificare l’aria o movimenti ambientalisti che protestano per ottenere misure più restrittive, quale il movimento di Greta Thumberg degli ultimi anni. Pochi sanno però che, nonostante tutto, dopo un anno di proteste della Thumberg affiancate da tutte le altre misure, l’andamento della curva rappresentante l’inquinamento dell’aria è cresciuta senza un minimo flesso; su quella curva, del passaggio di Greta non c’è la minima traccia. Oltretutto una nota pubblicazione scientifica, Deep adaptation, riporta moltissimi fenomeni ambientali e dati raccolti che lasciano intendere, anche con un’eventuale cessazione immediata di produzione di diossido di carbonio, un’impossibile retrocessione nella “problematica ambientale”.
Quindi come ci dobbiamo muovere?
Cosa dovremmo fare quindi? Lasciarci andare e abbandonare ogni speranza di sopravvivenza? Dovremmo smettere di lottare per un mondo migliore?
Dovremmo essere al punto del testo in cui si incitano i lettori a fare cose al di fuori della loro portata, ad avanzare concetti filosofici affascinanti, ideali ben decorati e risolvere a parole tutte le problematiche esposte in quattro righe, ma non sarà così. Bisogna smettere di essere così superficiali. Bisogna smettere di illudere il mondo con belle parole e discorsi ben argomentati.
Questo è il momento di smettere di parlare e iniziare a fare concretamente qualcosa. Non basta appellarsi alle fonti rinnovabili o alle macchine elettriche. Bisogna cambiare il modo in cui la gente vive.
E’ necessario tendere a una dieta che includa più verdure perché, siamo onesti, ad oggi ne mangiamo veramente poca. Siamo obbligati a consumare gli alimenti con più moderazione e smettere di avanzare anche solo un pezzo di carne quando andiamo al ristorante, perché quando sono in mille a farlo una mucca è morta per niente. Dobbiamo inoltre capire che la donna è agente attivo nel XXI secolo: non è massaia come lo è stata per i secoli passati ma è operatore determinante nelle società, nei cantieri o nei laboratori. La credenza che spetti alle donne un’istruzione di qualità inferiore, come accade in alcuni stati del sud del mondo, è un’ideologia che appartiene al passato. Infine è giusto sedersi e prendere con serietà la decisione di “allargare” la propria famiglia e non ridurre tutto a un gesto di soli pochi minuti perché il mondo è piccolo, le sue risorse limitate e come tale anche l’umanità deve adeguarsi a questi limiti.
In sintesi?
Il dado è tratto: le atrocità che abbiamo compiuto nei confronti del nostro pianeta sono irreversibili e se abbiamo un po’ di buon senso sappiamo che non potremo mai perdonarcele. Possiamo cauterizzarle però, inibire alcuni degli effetti che hanno sul nostro mondo e sulla nostra salute. Ognuno di noi deve adottare ognuna delle iniziative sopra riportate e attendere che l’economia, corrotta dal potere del petrolio, inizi a finanziare la realizzazione di impianti energetici a fonti rinnovabili, che realizzi su scala globale sistemi di depurazione delle acque inquinate, di rimozione delle plastiche e di contenimento della produzione di gas serra. La tecnologia la abbiamo, le menti per impiegarla anche; manca solo la voglia di farlo.
Alessio Sala