I soldati italiani negli Stati Uniti d’America
Questo articolo si propone di ricostruire e raccontare la storia poco conosciuta degli oltre 50.000 soldati italiani che, tra il 1942 ed il 1945/1946, furono detenuti in circa 140 campi di prigionia in territorio americano, attraverso anche i ricordi e le storie del mio bisnonno Giovanni Innocenti, Caporal Maggiore del Regio Esercito durante il secondo conflitto mondiale (1940-1945), catturato in Africa e deportato negli U.S.A.
PRIMA DELLA GUERRA
Giovanni nasce a Grignano (Brembate) in provincia di Bergamo il 4 febbraio 1921 da Giancarlo Innocenti e da Caterina Mapelli, entrambi contadini, nel cortile situato in via Innocenti 4, dove la famiglia convive con altri 4 o 5 nuclei familiari.
Giovanni è il primogenito di 8 figli, tra i quali una delle tre sorelle, Serafina, a cui è molto affezionato, purtroppo muore a 18 anni in seguito al bombardamento alleato del 6 luglio del 1944 che colpisce l’azienda dove lavora a Dalmine. In memoria della defunta sorella, nel 1951, Giovanni darà il nome della ragazza alla prima figlia, mia nonna, per l’appunto Serafina Innocenti.
A Grignano Giovanni conosce Pierina Teresa Bonetalli, classe 1926, figlia di un possidente antifascista, con la quale si sposerà a guerra finita nel 1950.
Il 27 gennaio 1940 Giovanni viene registrato al Distretto Militare di Bergamo e lasciato in congedo illimitato fino al 9 gennaio del ‘41, quando viene chiamato alle armi nel 24º Reggimento Fanteria Mobilitato. Nel 1935, data di inizio della campagna coloniale in Africa Orientale, Giovanni lascia la scuola, dopo aver completato 4 anni di scuola elementare presso Grignano.
Dal gennaio del 1939 e per i tre anni successivi Giovanni lavora presso la ditta edile Sala – Galimberti a Cusano Milanino come muratore. In uno dei documenti risulta specializzato nella costruzione di mura, tramezzi, altre strutture di mattoni e nell’utilizzo di filo a piombo e livella. Giovanni è impiegato anche nel settore tessile, nella produzione del rayon, una fibra trasparente ottenuta dalla lavorazione della cellulosa in bagno d’acido.
LA GUERRA, LA CATTURA E IL TRASFERIMENTO
Il 5 aprile 1941 Giovanni cessa di essere mobilitato perché aggregato al deposito del 3° Reggimento Fanteria Carristi per frequentare il corso di Motorista. Nel settembre dello stesso anno Giovanni viene nominato specializzato nella categoria “Piloti” e il 6 dello stesso mese si arruola come volontario specializzato nel 33° Reggimento Carrista.
Il 24 agosto 1942 Giovanni parte per via aerea per l’Africa Settentrionale da Lecce e atterra a Tobruch, in Libia, qualche ora dopo. Qui, Giovanni Innocenti viene aggregato al 32º Reggimento Carrista “Verona”, al Centro Istituzione Carristi in Africa Settentrionale. Infine, il 29 dicembre 1942 Giovanni passa al 31° Reggimento Carristi “Centauro” delle forze armate italiane in Libia.
Da questo momento, fino al maggio 1943, Giovanni Innocenti combatte con il grado di Caporal Maggiore dell’Arma fascista in Africa come camionista esperto.
Il 10 maggio del 1943, durante un combattimento in Tunisia, spaventato e sconfortato in mezzo agli spari, Giovanni trova una bottiglia di alcool, forse Whisky o Cognac. Così, probabilmente per darsi coraggio, la beve. Ubriaco, si addormenta. Quando viene svegliato, ancora sotto l’effetto dell’alcool, in un primo momento non si rende conto di essere stato catturato dall’esercito americano insieme ad alcuni dei suoi compagni. Per Giovanni ha quindi inizio un lungo periodo di prigionia.
Dalle segnalazioni sulla documentazione di prigionia di Giovanni, sappiamo che il 17 maggio del 1943 ricevette gratuitamente degli articoli per l’igiene personale.
Vista la difficoltà nel mantenere i prigionieri di guerra nei campi di prigionia in nord Africa, le autorità Alleate decidono di trasferire la maggior parte dei prigionieri dell’Asse negli Stati Uniti d’America, eccetto alcuni (tra questi solo italiani), utili per essere sfruttati come manodopera sul luogo. Il trasferimento avveniva attraverso le navi da trasporto “Liberty” sopra alle quali i prigionieri venivano stipati per svariati giorni. Tra questi c’è Giovanni Innocenti.
Al momento dell’arrivo in America, Giovanni pesava quasi 70 chili.
I SOLDATI ITALIANI NEGLI STATI UNITI D’AMERICA
La stima dei soldati italiani trasportati in USA dal 1942 fino alla fine del conflitto raggiunge i 51.000 uomini. I campi di lavoro, ai quali i prigionieri di guerra italiani sono destinati, sono amministrati dall’ufficio del maresciallo generale del preposto dell’esercito degli Stati Uniti.
In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 tra l’Italia e le forze Alleate, ai prigionieri viene data la possibilità di firmare un giuramento di fedeltà al nuovo governo italiano, cosa che farà anche Giovanni. Gli aderenti vengono quindi assegnati alle Italian Service Units (Unità italiane di servizio – ISU), unità di prigionieri di guerra italiani cooperanti con l’esercito statunitense, che lavorano nei siti dove è richiesta maggiormente la manodopera, tra questi ospedali, magazzini e centri di addestramento militare, lavorando così non solo a contatto con i civili ma anche con i soldati. Inoltre, le ISU godevano di un ottimo trattamento e di libertà limitate. La quasi totalità dei prigionieri italiani (intorno al 90%) aderisce alle ISU, chi invece decide di non cooperare con l’ente statunitense, dal 1944, è internato in campi di lavoro dove le condizioni di vita sono più rigide e dove talvolta sono costretti a patire la fame per mesi, come nel campo di Hereford, in Texas.
Per i cooperanti, invece, la fame è l’ultimo dei problemi. Ai detenuti vengono distribuiti alimenti e beni di ogni genere: schiuma da barba, tabacco o sigarette, dentifricio, abiti e scarpe, fino anche alla coca-cola. Questo, talvolta, permette ai prigionieri di aiutare la famiglia in Italia, preparando e spedendo pacchi di alimenti e beni di prima necessità a casa.
LA PRIGIONIA DI GIOVANNI IN AMERICA E IL RIMPATRIO
Dopo il lungo viaggio di trasferimento, il bastimento che trasporta Giovanni e altri prigionieri probabilmente approda nel porto di Boston (Massachusetts), punto di arrivo della maggior parte delle navi che trasportano i prigionieri di guerra. Da qui i soldati vengono trasferiti con tradotte ferroviarie civili verso i vari campi di destinazione.
Dopo essere stato in transito tra il 15 e il 25 giugno 1943, il primo campo per prigionieri di guerra dove Giovanni viene recluso è in Indiana. Il 26 giugno 1943 viene infatti registrato nel campo di prigionia di Atterbury. Qui i prigionieri italiani iniziano ad arrivare dopo l’armistizio dell’Italia nel settembre 1943.
Entro il 4 maggio 1944 i detenuti italiani vengono trasferiti in altri campi di lavoro, ma rapidamente sostituiti con prigionieri tedeschi, che rimangono fino a quasi un anno dopo la fine della guerra.
All’arrivo nel campo a Giovanni, registrato con il numero di serie 5WI – 4370, viene assegnato un documento d’identità che riporta le sue generalità e le impronte digitali. Il detenuto deve avere sempre con sé questa carta. Nei campi di prigionia, secondo la Convenzione di Ginevra, i prigionieri di guerra possono mantenere le proprie divise. Il 16 agosto del 1943, compila il documento con le sue generalità e viene rilasciato un documento con due fotografie identificative.
I prigionieri italiani ad Atterbury sono cattolici e chiedono un luogo dove pregare, cosa che il comandante del campo, tenente colonnello John Gammel, permette con un avvertimento: la piccola cappella deve essere realizzata con scarti di costruzione e vernice esistenti. La “Cappella nel prato” viene costruita e consacrata durante l’estate del 1943.
A camp Atterbury, inoltre, Giovanni ha aderito alle Unità Italiane di Servizio, facendo richiesta d’impiego.
Giovanni viene trasferito da Atterbury il 2 maggio 1944 e dal 5 maggio fino al 24 agosto dello stesso anno è prigioniero come appartenente alle ISU nella 46ª Compagnia italiana di servizio quartiermastri nel 310ª battaglione quartiermastri, a Pine Camp, New York.
Il campo di prigionia comprende 20 baracche, quattro strutture per la ristorazione, una mensa, un edificio ricreativo e altri uffici amministrativi.
Secondo l’opinione della maggioranza, i prigionieri di guerra italiani vengono trattati bene a Pine Camp. La loro dieta è meno restrittiva di quella abituale e il complesso italiano comprendeva un panificio in cui vengono sfornati pane e dolci. Una tipica colazione include crema di grano, pancetta, pane, latte e caffè. Per cena, invece, vengono serviti tagliatelle in salsa di manzo, purè di patate, insalata, pane e burro, fagioli al forno e frutta.
In un articolo del New York Sun del 1944, un interprete americano sostiene: “Qui non c’è razionamento. Ottengono in abbondanza tutto ciò che non hanno mai avuto prima.” L’articolo afferma che gli italiani all’inizio sono così stupiti di avere del burro che lo mangiavano come dessert.
AL COMANDO DELLA 46th COMPAGNIA
Il 5 luglio del 1944, a Pine Camp, dopo aver mantenuto un comportamento scorretto durante l’adunata mattutina, Giovanni viene punito con 7 giorni di consegna. Questa la motivazione della punizione da infliggere al Caporal Maggiore INNOCENTI GIOVANNI:
“Mentre la compagnia era schierata per il rapporto mattutino ed il capo plotone aveva dato il comando AT EASE (a riposo), egli faceva eccezioni al capo plotone sul modo di chiedere rapporto ai capo squadra. Tre volte gli veniva intimato il silenzio e tre volte egli continuava a parlare.
Successivamente, rotte le righe, egli si presenta al capo plotone e in modo sprezzante gli dice: “MA CHI CREDETE DI ESSERE, NON AVETE ANCORA CAPITO CHE È FINITA ?” Richiamato a tenere un contegno più corretto, continuava nel suo contegno irriverente, dando spettacolo della peggiore indisciplina alla compagnia, fino a quando un sottufficiale americano non lo portava via.”
È recidivo nel persistere a parlare, tanto sulla posizione di AT EASE (a riposo), quanto nella posizione di ATTENTION (sull’attenti).
(Trascrizione del documento di punizione)
L’ultimo trasferimento per Giovanni arriva in data 26 agosto 1944, quando da New York viene trasferito alla Base Aerea Militare di Pueblo in Colorado, dove rimane fino al 17 settembre del 1945, data del suo rilascio ufficiale. A Pueblo, Giovanni viene più volte sottoposto a cure mediche nel laboratorio odontotecnico.
Giovanni ricorda l’esperienza della prigionia piacevolmente, rammentando come i prigionieri siano stati trattati bene e, talvolta, aiutati dal personale del campo. Settimanalmente Giovanni viene impiegato nelle campagne e nelle fattorie mentre la domenica, essendo giornata libera, ha la possibilità di uscire tranquillamente dal campo, facendo anche conoscenza con diverse ragazze del luogo.
IL RIMPATRIO DEI POW DAGLI STATI UNITI
A guerra conclusa, il 6 ottobre 1945, Giovanni viene rimpatriato in Italia, presumibilmente presso Napoli, dove insieme ad altri reduci viene derubato dei dollari guadagnati durante il periodo di detenzione e di vari oggettini in oro.
Giovanni ritorna a casa all’età di 23 anni, dopo oltre 2 anni di prigionia, più pesante di quando partì per la guerra in Africa.
Il rimpatrio per i soldati nelle mani degli Alleati ha inizio abbastanza tardi, verso la fine del 1945 e si prolunga fino al settembre del 1946. Al loro rientro in Italia i reduci dalla prigionia vengono accolti con diffidenza dall’istituzione italiana, che non si oppone alla lentezza dei rimpatri in Italia, poiché temono che il loro orientamento politico sia ancora permeato dall’ideologia fascista; in secondo luogo, il problema risiede anche nella difficoltà di gestione del gran numero di ex detenuti di cui non si sapeva come accogliere e soprattutto cosa offrire a questo grandissimo numero di disoccupati.
Proprio per la difficoltà di trovare lavoro negli anni successivi alla guerra Giovanni emigrerà in Belgio per qualche tempo.
Lorenzo Roncaglia