Doppia ǝuoısuǝɯıp
In un mondo in tutto è omologato, destino compreso, come reagire? Come andare oltre quel muro che non ci permette di vedere i colori della realtà? Un racconto per riflettere…
“O mio Dio, sono viva, ce l’ho fatta e sono qui. Lo sapevo che era tutta una grossa bugia la nostra, che illusi che siamo stati, che codardi a non avermi seguito fin qui, a volte la paura del destino è troppo difficile da affrontare…”
Sono sveglia, sì, sono sveglia. Mi do un pizzicotto per capire se sto sognando, e invece no. Mi alzo dal letto, indosso le mie scarpe rosa, la mia gonna rosa, la mia maglietta rosa e mi sistemo i capelli con un fiocco rosa. Oggi è un giorno troppo importante, compio 16 anni e come tutti i miei compagni di annata riceverò il sacro dono del destino, elettrizzante direi!
Scendo dalle scale, vedo i miei genitori che mi sorridono. Sono così felici per me, mamma ha persino messo le sue nuove scarpe rosa date come regalo dal nostro amabile Capo Supremo, il padrone del grande e potente destino, mentre papà ha indossato la sua adorabile cravatta blu, che si abbina perfettamente ai suoi abiti… beh, sempre blu.
Esco di casa, saluto i vicini come da buona educazione data dal nostro Capo. Salgo in macchina e mi dirigo al “centro” dove riceverò il mio destino.
Siamo arrivati, sono pronta, apro la grande porta rossa dell’edificio, difficile sbagliare da che parte entrare, tutte le altre porte sono o rosa o blu. Entro e mi inchino al nostro capo supremo. Delle guardie mi scortano alla sala destinataria, e dopo diversi riti sono pronta per ricevere il mio destino, eccolo, sta per apparire di fronte a me…
Ho finito di leggere il mio quasi sicuramente meraviglioso destino, ma in maniera inaspettata ne sono rimasta altamente disgustata. Non riesco più a muovere un muscolo e nemmeno a sbattere gli occhi, quasi neanche a respirare. Una guardia si è avvicinata e mi ha dato la sacra penna del destino come se fosse ovvio che lo dovessi firmare.
Vedo la scritta “Il suo destino viene firmato ora” e più ci penso più ho disgusto di una vita fatta così. Mi sono sempre attenuta al mio dovere da cittadina, ma questo è proprio troppo. Da piccola ero una bambina diversa dalle altre, curiosa, vivace e sicuramente che non rispettava le regole e odiava il rosa. Poi con il tempo sono diventata come tutti volevano: cittadina modello, normale, amante del rosa e senza curiosità.
Nel leggere il mio destino però ho capito quanto sia orribile avere il mio futuro già certo. Così faccio una cosa che non avrei mai immaginato di fare prima. Mi alzo e corro via.
Torno a casa, e mi chiudo nella mia camera di chissà quale colore! I miei genitori cercano di farmi uscire e di ragionare su quale bellissimo destino mi attende, arrivano pure le guardie mandate dal Capo Supremo con l’accusa di mancata fedeltà al destino, al comandante e alla grande città: questo non era mai successo prima d’ora e tutti in città ne rimangono sorpresi. Chi non rispetta le regole deve essere imprigionato e punito severamente.
Mi scortano in una cella rosa, con una sola apertura che guarda in lontananza il grande muro del non ritorno. A scuola tra ragazzi si tramandano storie sul grande muro e su chi lo oltrepassa, alcuni pensano che si muoia, altri vedono un mondo triste e arido mentre io ho sempre creduto che dietro quel muro, quella barriera che divide la nostra triste e normale città ci sia qualcosa di fantastico dove tutti possono vivere felici e spensierati. Ovviamente quando lo dicevo ai miei compagni mi prendevano in giro e dicevano che ero pazza a odiare questa meravigliosa città.
Tutti questi ricordi fanno venire in mente i lontani periodi in cui ero una bambina diversa e vivace, speciale e sicura ci fosse qualcosa di meglio di questa città.
Nei giorni successivi la voglia di scappare e di oltrepassare quel muro mi insegue tormentandomi giorno e notte. Progetto un piano per evadere e per vedere cosa c’è al di là del muro: tanto, peggio di questa città e di questa cella può esserci ben poco!
Una guardia si avvicina al cancello e lo apre per la solita pulizia delle celle. Mi prende e mi porta in corridoio. In quel momento vedo una piccola occasione di fuga, quindi spingo la guarda a terra e scappo nel lungo corridoio blu e rosa, senza fare rumore, tanto da sembrare un fantasma che si aggira nella nebbia. Dopo una fitta rete di corridoi arrivo finalmente alla grande porta rossa che mi avrebbe ridato la libertà, ma delle guardie mi vedono e danno l’allarme a tutto il “centro”.
Io corro velocemente fuori dalla grande porta prima che si sbarri completamente e mi impedisca l’uscita, corro, le guardie sono dietro di me intente a catturarmi. Attraverso tutta la città, la gente mi osserva impaurita dalle finestre, alcuni si uniscono alle guardie per inseguirmi.
Arrivo proprio davanti al muro, la mia unica salvezza da questa città. Le guardie si fermano a due metri da me. I cittadini, tra cui anche dei miei amici, cercano di farmi cambiare idea, ma io sono sicura su quello che devo fare… cerco di convincere le persone, ma nulla da fare, la paura di non seguire quello che sono destinati ad essere è troppo grande. Trattengo il fiato, stringo le mani, corro verso il muro e poi…
O mio Dio, sono viva, ce l’ho fatta e sono qui. Lo sapevo che era tutta una grossa bugia la nostra, che illusi che siamo stati, che codardi a non avermi seguito fin qui! A volte la paura del destino è troppo difficile da affrontare. Mi osservo intorno, è tutto così bello, così colorato, altro che la grande città. I miei abiti hanno cambiato colore, sono così belli, la mia gonna è dello stesso colore della luce nel cielo e la maglietta è dello stesso colore delle foglie degli alberi, è tutto così magico. Ho deciso di incamminarmi e vedere cosa c’è in questo meraviglioso mondo, capirlo, viverlo, ora so com’è il mio destino: è qualunque cosa voglio che sia!
Adele Colombo