APOCALYPSE NOW. Recensione di Mattia Falzarano, vincitore del concorso Piccolo Grande Cinema
Con questa recensione di APOCALYPSE NOW (USA, 1979, Francis Ford Coppola), Mattia Falzarano della 4^B dell’Einstein ha vinto il concorso che gli permetterà di partecipare come giurato al festival “Piccolo grande cinema” organizzato dalla Fondazione Cineteca Italiana di Milano.
“This is the end
Beautiful friend
This is the end
My only friend, the end”
Sulle prime note di The End dei The Doors la giungla vietnamita brucia, divorata dalle bombe al napalm. Si apre così Apocalypse Now: “non un film sulla guerra in Vietnam, ma la guerra in Vietnam”, citando Francis Ford Coppola. Per quanto possa sembrare tale, questa affermazione non è frutto del narcisismo del regista. Apocalypse Now è caos, distruzione, morte, follia. Apocalypse Now è la rappresentazione accurata di una cruda ed esplicita realtà che, al tempo stesso, racchiude una profonda riflessione che ruota intorno a due concetti impliciti ma fondamentali per l’uomo: bene e male.
Come in Hearts of Darkness di Joseph Conrad, di fatto padre della pellicola di Coppola, lo spettatore prenderà parte ad un viaggio attraverso una realtà distante anni luce dalla civiltà: la wilderness. Mentre però nell’opera di Conrad viene narrata la wilderness dell’Africa nera del colonialismo, le inquadrature di Coppola narrano la wilderness del caos. La guerra senza alcun filtro, le follie di cui sono capaci solo gli umani. Umani come il carismatico e sanguinario Kurtz, la cui interpretazione da parte di Marlon Brando può essere ricordata come una delle più memorabili nella storia della settima arte.
Come il corso di un fiume, inevitabilmente, sfocia nel mare, Apocalypse Now, inevitabilmente, sfocia in Kurtz. Un figlio maledetto della guerra che, come il personaggio omonimo del libro di Conrad, non è né antagonista né protagonista. Egli è l’immagine della guerra nel suo più profondo bipolarismo che confonde e rimescola bene e male fino a farli diventare un grigio caotico in cui si fa spazio soltanto il più profondo dei tormenti. Egli odia la wilderness ma non può fare a meno di esserne attratto, di diventarne messia e idolatrarla fino a guardare in faccia l’orrore.
“It hurts to set you free
But you’ll never follow me
The end of laughter and soft lies
The end of nights we tried to die
This is the end”
Mattia Falzarano