Ancora allori all’Einstein! Andrea Ottorini premiato al David Giovani con la recensione di THE PLACE
Abbiamo un altro alloro tra i partecipanti al concorso David Giovani!
Andrea Ottorini , classe 4H del corso di Biotecnologie Ambientali, con la sua recensione del film “The place” di Paolo Genovese si è aggiudicato un posto al Campus Cinema Scuola Giovani, nell’ambito del progetto “Cinema-Scuola”, che si svolgerà a Roma a novembre 2018.
Il Concorso David Giovani, promosso da Agiscuola Nazionale, è la sezione Giovani del Festival del Cinema di Venezia ed è rivolto agli studenti delle scuole superiori, che devono assegnare il Leoncino d’oro, premio collaterale al Leone d’Oro del Festival del Cinema di Venezia
I giovani studenti sono invitati a vedere i film italiani in concorso, a votare il preferito e a stendere una recensione. Cinquantacinque gli studenti dell’Einstein che hanno aderito all’iniziativa e che nel periodo ottobre 2017- gennaio 2018 hanno avuto la possibilità di assistere gratuitamente presso il cineteatro S. Luigi di Concorezzo alle proiezioni dei film in concorso per il David di Donatello e che si sono cimentati nella stesura di recensioni e commenti ai film in concorso.
Tra gli elaborati pervenuti alla commissione nazionale ne sono stati selezionati due per regione e la recensione di Andrea Ottorini del film “The place” di Paolo Genovese è stata premiata per la regione Lombardia con l’invito, come ospite Agiscuola, al Campus Cinema Scuola Giovani.
E’ la quarta volta che uno studente dell’Einstein si aggiudica un posto tra i primi classificati in questa competizione nazionale. Ad Andrea dunque le nostre congratulazioni per il brillante risultato conseguito e l’augurio di ulteriori successi negli studi come nella futura professione.
Ora la recensione premiata. Buona lettura!
Nel film di Genovese, ispirato alla serie TV americana The Booth at the End di Christopher Kubasik, si scava nel profondo delle anime e della nostra società. A differenza del suo precedente film “Perfetti Sconosciuti”, dove attorno a un tavolo affollato i vari personaggi potevano alzarsi e “fuggire” momentaneamente per sottrarsi alla propria anima, qui no, in “The Place” c’è un tavolo a due con un Mastrandrea, protagonista silenzioso, dalle sfaccettature inaspettate e il suo avventore di turno.
Il film si svolge in un bar, dove le inquadrature si contano sulle dita di una mano, la fotografia si gioca sui dettagli dei visi, sulle varie sfumature di luce, sulle espressioni dei volti che riescono ad incollare allo schermo lo spettatore, per il continuo stravolgimento delle azioni nonostante la staticità scenografica.
Il punto centrale su cui si basa la pellicola è una domanda: “Cosa saresti disposto a fare per ottenere ciò di cui necessiti?” Che sia una Donna, salvare il proprio figlio, allontanarsi definitivamente dal proprio padre, ritrovare la vista o il proprio Dio, salvare il marito.
Queste richieste vengono espresse a un uomo qualunque, che sta seduto al tavolo di un bar (The Place) con una grossa agenda nera, dove scrive e da cui attinge tutte le informazioni. Ha una vita inverosimile, non dorme mai, non ha nome né passato né un’identità ma ha solo il compito di esaudire i desideri degli undici personaggi che, uno ad uno, si avvicendano al tavolino del bar e che a volte, spaventati, vedono in lui un diavolo; in cambio lui non chiede l’anima ma solo una parte di essa.
In fondo lui è lo specchio delle anime che si avvicendano, colui che “dà da mangiare ai mostri” senza essere un mostro, è lo specchio della nostra anima affaccendata a ottenere quello che più ci aggrada, che più ci fa comodo, ma si sa che a volte il prezzo da pagare è alto e ciò che chiede in cambio per alcuni ha un grosso impatto sulla propria etica, mentre per altri è solo un prezzo da pagare.
Difficile dire quindi chi sia veramente il personaggio interpretato da Valerio Mastrandrea, se uno psicologo che indaga sul lato oscuro umano, un demonio che compra anime, oppure un uomo d’affari che ha a che fare con questo intreccio di persone, vite e azioni al limite della disperazione… ma forse Genovese lo ha volutamente lasciato alla nostra libera interpretazione.
In questo incessante susseguirsi di visite e vicende personali all’interno del bar, una nota dolce e romantica è la costante presenza della barista, interpretata da Sabrina Ferilli, incuriosita dalla misteriosa attività dell’uomo e colpita dalla sua solitudine.
Un film che ti immerge in una spirale di emozioni, nel riflesso della parte malvagia della tua anima che ti lascia senza alternativa: o rimani a guardarlo o ti alzi e te ne vai, ammettendo la tua paura; ma, se rimani, vieni messo a confronto con te stesso, le tue paure le tue immaginazioni e i tuoi pensieri, come cantava Fabrizio De André “una vertigine di anestesia”… in un vortice di disperazione, anestetizzati dalle proprie paure, mentre sei lì a cercare nel tuo profondo.
Andrea Ottorini