Ogni storia è l’eccezione di una regola che non esiste. È COSÌ CHE SI FA, di Giulia Rossi
“Stamani in un liceo di provincia è stato trovato un biglietto anonimo in cui l’autore si sfoga e confessa che vorrebbe farla finita dopo aver tradito la moglie e dopo aver deluso il padre, probabilmente per delle scelte su cui quest’ultimo non concorda.
Si è creato un enorme scandalo tra alunni e professori del liceo classico, che si chiedono e indagano su chi abbia scritto questo biglietto che nel giro di pochissime ore ha già fatto il giro dei social…”
E se tu, studente, dovessi leggere questo spezzone di un articolo di giornale sui social, come ci rimarresti? Quale sarebbe il tuo primo pensiero? Condivideresti o preferiresti preservare la privacy della persona in questione?
Federico Gastaldi, supplente di storia e filosofia, un uomo buono, ha trent’anni e convive con sua moglie Vittoria in un appartamento poco distante dalla scuola. Vittoria è fissata con la dieta, la palestra e il lavoro. La mattina dell’8 maggio, appena 10 minuti dal suono della seconda ora, Federico viene chiamato da Mariano, il bidello della scuola, che lo avvisa del fatto che ha chiamato l’ospedale chiedendo di lui poiché la moglie è svenuta al lavoro.
Il motivo del malessere è il suo rapporto con il cibo: da sei mesi a questa parte Vittoria si è iscritta in palestra e ci va tutte le sere dopo il lavoro. Federico la aspetta con la tavola apparecchiata, ma lei puntualmente rifiuta dicendo di non avere tanta fame. Dopo aver parlato con il medico, che lo rassicura dicendogli che non sono state trovate anomalie degli esami, i due si dirigono nel bar dell’ospedale, Federico prende una brioche mentre Vittoria rifiuta la millefoglie.
Nel frattempo a Federico continua a vibrare il telefono in tasca. Quando lo prende legge gli infiniti messaggi sul gruppo dei professori: una lettera anonima con su scritta la confessione di un pensiero suicida è stata trovata nei corridoi della scuola. Federico inizia a toccarsi nervosamente le tasche dei pantaloni e pensa “Dannazione, la lettera!”
È già, quella lettera era proprio sua. Alunni e professori danno proprio il via a una caccia all’autore, fuori da scuola si presentano masse di giornalisti interessati alla vicenda che non si fanno scappare nessuno. Anche Matilde che sa perfettamente chi è l’autore. Federico aveva avuto una specie di storia proprio con lei, una sua alunna appena maggiorenne e purtroppo questo sarà un capitolo un po’ buio della sua vita.
La preside, preoccupatissima, decide di organizzare con alcuni professori un dibattito per parlare dell’accaduto, per sensibilizzare e per spingere gli alunni a parlare sempre con qualcuno se si hanno dei problemi. Il logo di questo evento è un elefante. Ma perché è proprio l’elefante?
Giovanna ci spiega che quando gli elefanti sentono che è giunta la loro ora si allontanano dal branco scegliendo un compagno o una compagna con cui trascorrere questi ultimi momenti, e questo ci insegna che rispettare la riservatezza di una persona non vuol dire abbandonarlo al suo destino, ma significa darle la libertà di aprirsi con chi ritiene più opportuno farlo.
Se dovessimo chiedere a Federico come è iniziato tutto, lui ci risponderebbe: “Quel pomeriggio di ottobre, proprio quando mia moglie aveva più bisogno di me, io avevo altro per la testa e non ho nemmeno sentito il telefono. Da allora mi è andato tutto storto…”
È da qui che è iniziato il calvario di Federico. Cosa stava facendo in quel pomeriggio di ottobre? Cosa è successo a Vittoria? Lo scoprirete solo leggendo È così che si fa, storia scritta da Giulia Rossi in un libro di narrativa in cui i personaggi principali sono quattro: Federico, la moglie Vittoria, l’alunna “speciale” Matilde e la collega di Federico, Giovanna. Altri personaggi come colleghi, alunni e il bidello Mariano sono perlopiù secondari.
Questo libro fa capire che non tutti siamo perfetti, tutti commettiamo errori, l’importante è capirlo e riscattarsi. È pieno di frasi e aneddoti che fanno vedere il mondo reale con occhi diversi.
C’è un pensiero che mi piace particolarmente: “Ogni volta che ti lamenti della tua vita Federico ti guarda e pare dirti, “perché l’hai scelta se non ti piace?” Come se a tutti fosse concesso lo stesso grado di libertà, la stessa possibilità di plasmare l’esistenza a proprio piacimento. E non ci fosse già una differenza iniziale fra chi tra le mani ha una creta morbida da modellare e chi ha del marmo da levigare. Federico aveva sempre avuto la sua famiglia a coprirgli le spalle, che ne sapeva, lui, dell’idea di non avere alcun porto sicuro cui poter approdare in caso di tempesta?” Mi piace tantissimo questo pensiero perché mette concretezza all’idea di poter modellare la propria vita, perché spesso siamo noi a decidere come farla andare.
A quest’idea ne collego un’altra: “Quando, al corso prematrimoniale, Don Marco aveva chiesto a cosa dovesse assomigliare secondo loro un rapporto felice, Federico aveva pensato una bicicletta. Perché con la bicicletta si arriva più veloce di quanto non si farebbe a piedi ovunque si sia diretti. E poi chi ha deciso di starci accanto può al massimo dividere con noi la strada inforcando un’altra bicicletta. Possiamo uniformare l’andatura, indicarci reciprocamente i cocci di vetro pronti a forare le gomme e cambiare insieme la camera d’aria quando non riusciremo a evitarli. Ma ciò non toglie che il percorso, con tutto quello che implica, rimane un fatto privato. Chi non lo crede è un illuso o è seduto sul posto dietro del tandem di un altro e non lo sa.”
Il libro si caratterizza per uno stile semplice e interessante, soprattutto per il linguaggio comune e fluido ma a tratti ricercato, inoltre è chiaro e scorrevole e fa capire alla perfezione i concetti. Solo in alcuni punti può risultare un po’ difficile da seguire poiché la storia non segue un ordine cronologico, ma presenta numerosi flashback e flashforward.
Concludo con un altro passaggio che mi ha colpito e che la nonna di Matilde le ripeteva fin da quando era piccola: “La felicità, quando c’è, non ha bisogno di gridare. La si tiene a riparo, le si parla sottovoce. Come un bambino che dorme e che abbiamo paura di svegliare.”
Federica Cavallo Sabic