La fame di potere: LA FATTORIA DEGLI ANIMALI, di George Orwell
“La fattoria degli animali”, romanzo satirico pubblicato da George Orwell nel 1945, resta uno dei più celebri e riusciti testi di denuncia dei totalitarismi del XX secolo. Nato come un’allegoria della rivoluzione bolscevica e dei suoi effetti in Russia, grazie al suo amaro messaggio universale sulla “fame di potere” dell’uomo, riesce ad appassionare ancora oggi milioni di lettori in tutto il mondo.
“Tutto ciò che va su due gambe è nemico. Tutto ciò che va su quattro gambe, o possiede ali, è amico. E ricordate inoltre che nel combattere l’uomo non dovremmo mai assomigliargli”, dice il Vecchio Maggiore rivolgendosi agli altri animali della fattoria.
Siamo all’inizio del romanzo “La Fattoria degli Animali” di George Orwell: il Vecchio Maggiore, un maiale anziano e saggio, in questo passo espone alcuni dei principi dell’”Animalismo”, la teoria secondo la quale un giorno gli animali della Fattoria Padronale faranno una grande rivoluzione e si ribelleranno all’uomo e alla sua tirannia, conquistando finalmente una condizione di uguaglianza tra gli individui. Infatti, dopo la morte del Vecchio Maggiore, gli animali, stanchi dello sfruttamento da parte degli uomini, cacciano il loro padrone Jones e danno un nuovo nome alla creano la “Fattoria degli Animali”.
Con non poche difficoltà, gli animali, guidati dal maiale Napoleone, imparano a coltivare e mietere i campi, costruiscono un mulino a vento e stabiliscono un vero e proprio sistema di retribuzione, un orario lavorativo e si ritrovano ogni domenica per stabilire un programma settimanale. E’ un sistema molto organizzato, ma gli animali nel corso della vicenda non si rendono conto che Napoleone e gli altri maiali si stanno sempre più imponendo su di loro, sfruttandoli e mandandoli al macello quando non sono più in grado di lavorare, come nel caso dell’infaticabile cavallo Jones.
Alla fine della storia si assiste addirittura a una vera e propria antropomorfizzazione dei maiali, al punto che gli altri animali non riescono più a distinguerli dall’uomo.
Si tratta di un romanzo satirico, con un uso diffuso dell’ironia. Per esempio, è apparentemente incredibile e ironico che gli animali non si accorgano del regime dittatoriale che i maiali instaurano o del fatto che i principi base dell’”Animalismo” vengono continuamente modificati a seconda dei bisogni dei maiali.
Il romanzo è evidentemente un’allegoria della rivoluzione realizzata dal partito bolscevico in Russia e dell’instaurazione di un regime sovietico totalitario. Questo si intuisce dal fatto che molti personaggi o situazioni si riferiscono a uomini realmente esistiti e vicende accadute. Per esempio, il Vecchio Maggiore può essere paragonato a Marx, che ipotizzò i principi del socialismo, o anche a Lenin, che diede avvio alla rivoluzione, ma non la vide mai compiersi del tutto. Napoleone e Palladineve rappresentano rispettivamente Stalin e Trotsky, perennemente in conflitto di ideali, con Napoleone che, come Stalin, alla fine ha avuto il sopravvento. Jones rappresenta la classe dirigente che fugge dopo la rivoluzione. “La battaglia della stalla” può essere paragonata alla guerra civile tra Bianchi e Rossi, mentre la bandiera con il corno e lo zoccolo simboleggia la falce e il martello di quella sovietica.
Il messaggio del romanzo è molto chiaro. Orwell infatti vuole mettere in evidenza il fatto che l’uomo, dopo essersi ribellato, finisce, a causa della fame di potere, per diventare esattamente come la persona contro cui ha lottato, imponendo il regime dittatoriale.
Giorgia Spada