L’IDIOTA di Dostoevskij, un viaggio nella natura umana
Approfittiamo dell’inattività forzata per compiere un viaggio nell’abisso della natura umana, immergendoci nelle pagine di uno dei più grandi e profondi scrittori di sempre.
Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Uno scrittore ricordato ancora oggi, indubbiamente uno dei grandi della letteratura russa. Pur essendo un romanziere di 150 anni fa, quando si leggono i suoi romanzi quasi non si avverte il loro invecchiamento. Vengono presentati personaggi con cui possiamo facilmente confrontarci, paragonarci e talvolta anche scontrarci dal punto di vista umano e ideologico. Quello che spesso ci scordiamo è che gli uomini vissuti 100, 200, 500 o addirittura 1000 anni fa sono stati, in fin dei conti, uomini come noi, vissuti in contesti sociali e storici spesso assai diversi, ma mossi dagli stessi sentimenti e pulsioni.
Insomma, le radici non lasciano scampo: uomini di ogni tempo sono stati, sono e saranno mossi da amore, rabbia, speranza, brama di potere, ricerca di libertà, ricerca di se stessi. Talvolta, nel ciclo dell’esistenza umana, sono esistiti uomini con la particolare capacità di analizzare a fondo la natura di questi sentimenti, individui capaci di addentrarsi nelle dimensioni più intrinseche della psiche umana e di individuare radici e diramazioni dei nostri pensieri. Ebbene, Dostoesvkij è stato uno di questi. A dire il vero, Dostoevskij è stato molte cose: eccelso romanziere, filosofo, critico della contemporaneità e sondatore dell’inconscio, prima della psicanalisi.
Queste caratteristiche dello scrittore russo emergono nella loro più grande forza in uno dei suoi romanzi più famosi, L’Idiota, un romanzo sfaccettato in cui seguiamo, a partire dal suo arrivo a San Pietroburgo, le vicende del Principe Myskin, un uomo dal decaduto titolo nobiliare che si ritrova nella sua madre patria dopo aver vissuto gran parte della sua vita in Svizzera. È doveroso far notare che l’estensione del romanzo è direttamente proporzionale alla quantità di argomenti, idee e riflessioni che lo scrittore ha voluto inserire proprio dentro questa grandissima opera. L’idea centrale da cui è iniziata la genesi del romanzo è stata quella di rappresentare “un uomo assolutamente buono” del XIX secolo, incarnato dal protagonista del romanzo.
Mano a mano che la lettura avanza, ulteriori idee e pensieri si manifestano sia in forma implicita, nella conformazione psicologica dei personaggi, sia in maniera esplicita, laddove il narratore esterno si lascia andare ad analisi dei contesti descritti e talvolta a passaggi pseudo-saggistici. Una tale conformazione narrativa infatti ben si adatta allo sviluppo della trama, densa di soggetti con cui il principe si confronterà. Attraverso di loro si parlerà di moralità, di religione, di socialismo, dei cambiamenti nella Russia del secolo decimo nono… Insomma, un vero e proprio calderone di argomenti.
Il tutto è condensato in una storia che sa coinvolgere e appassionare, con una moltitudine di personalità trattate con la giusta attenzione da parte dell’autore. Ed è proprio questa, a mio parere, la vera forza di Dostoevskij: ogni volta che si legge un suo romanzo pare di assistere ad un piccolo miracolo narrativo. Ogni situazione e ogni idea vengono sviluppate e approfondite, ogni personaggio è assolutamente realistico, nei suoi pregi e nei suoi difetti, nella sua storia e nel proprio sviluppo. Ed è quando si assiste all’intreccio, apparentemente impossibile, di tutti questi elementi che accade la vera magia: a fine lettura, non si può che rimanere stupefatti e stregati.
Mattia Falzarano