UN’UCCISIONE ACIDA. Racconto vincitore del concorso “Un giallo… di classe!”
Pubblichiamo il racconto “Un’uccisione acida”, di Lorenzo Barelli, Davide Cristallo, Massimiliano Fabbri e Denis Stetco, premiato lo scorso 25 maggio come vincitore del concorso “Un giallo… di classe!”.
Organizzato dalle prof.sse Ilaria Manzoni e Camilla Binasco, il concorso ha coinvolto le classi 1^C e 1^D dell’indirizzo informatico. Gli studenti hanno prodotto 12 racconti gialli a partire da questa traccia: “Presso l’Istituto Albert Einstein di Vimercate si è consumato un fatto gravissimo: dalla dispensa del laboratorio di chimica è stata sottratta una boccetta contenente un pericoloso veleno. Al suo posto, è stato ritrovato un biglietto con una scritta minacciosa: “…alla fine, non ne rimarrà neanche uno – il giustiziere”. Chi sarà il misterioso ladro? Quale piano avrà in mente?”
Per valutare gli elaborati è stata riunita una giuria di 10 elementi, 2 docenti e 8 studenti di diverse classi terze: Alessio Sala 3^H, Sara Volpato 3^ H, Omar Banani 3^C, Antonio Filoni 3^C, Federico Molteni 3^A, Matteo Di Rosolini 3^A, Emanuele Russo 3^D ed Emma Bernuzzi 3^D. Per ciascun racconto ogni giurato ha espresso mediante una piattaforma web tre giudizi parziali, secondo i parametri di forma ed espressione, contenuto e inventiva: da queste valutazioni è emerso il giudizio complessivo sui racconti e la conseguente classifica.
Oltre al racconto vincitore, Click! pubblicherà altri racconti meritevoli segnalati dalla giuria. Ora non vi resta che immergevi nella lettura di “Un’uccisione acida”. Ancora complimenti a Lorenzo, Massimiliano, Denis e Davide!
UN’UCCISIONE ACIDA
Era una calda mattinata di primavera e all’Istituto Albert Einstein dell’Omnicomprensivo di Vimercate si era appena svolta, in aula polifunzionale, una riunione con i vari rappresentanti di classe riguardo l’andamento della raccolta differenziata, presentata dal professor Cosentino, professore di scienze che dà molta importanza alla salvaguardia della natura. Alla fine della estenuante assemblea, gli alunni tornarono nelle rispettive classi.
La 1D, una volta tornati i rappresentanti di classe, doveva dirigersi verso la palestra, dove avrebbe svolto una lezione di ginnastica con il docente Mario Mangano, più comunemente chiamato Mario dai suoi alunni. Arrivati in palestra, alcuni alunni si cambiarono velocemente nello spogliatoio, entusiasti all’idea di giocare una partita di calcetto fra di loro. Mancava solo l’arrivo del prof per cominciare la partita, ma dopo trenta minuti ancora non si faceva vedere. Allora alcuni alunni cominciarono a cercarlo sia in palestra che a scuola, ma non si trovarono tracce del professore. Fu così che l’alunno Francesco Caputo chiese alla bidella Pina, custode della palestra, di aprire lo sgabuzzino dove il prof Mangano si sarebbe dovuto recare a firmare il registro e prendere l’attrezzatura per svolgere la lezione. C’era un problema però: Pina non trovava le chiavi dello sgabuzzino, quindi Dennis, alunno molto vivace della 1D, decise di sfondare la porta, senza pensare alle conseguenze di questo atto. La scena a cui assistettero fu terrificante e allo stesso tempo inaspettata.
Il professor Mario Mangano, con cui avrebbero dovuto svolgere una normalissima lezione di ginnastica, era morto, steso sulle piastrelle rossastre dello sgabuzzino della vecchia palestra della scuola. Erano tutti sconvolti, spiazzati, senza parole per la morte del loro professore preferito. La bidella Pina corse verso la sua postazione a chiamare la polizia e l’ambulanza, così avrebbero potuto capire come si era svolta la morte del professore.
La polizia si fece trovare subito nel campo da calcio in sabbia della scuola, dove parcheggiò le auto. L’ambulanza aspettò a portare il corpo del defunto all’obitorio, perché il talentuoso detective Luigi Armandini doveva svolgere indisturbato le sue prime indagini sulla scena del crimine. Fu sorpreso perché non c’era nessuna traccia di sangue né per terra né sul corpo del defunto. Analizzò allora, insieme ai medici, la pelle e l’interno del corpo del professore, che riportava lesioni in superficie e su alcuni organi, che fecero dedurre all’acuto investigatore che la vittima era stata avvelenata, sicuramente da qualcuno che quel giorno era nell’istituto: l’assassino era nascosto in uno di quei volti che frequentavano quotidianamente i vecchi e malmessi muri della loro scuola.
Quel giorno fu il più tragico di tutta la storia dell’Einstein: sulle facce degli alunni sconvolti si potevano scorgere espressioni di paura e tristezza. Per perlustrare meticolosamente ogni singolo angolo della scuola, Armandini fece tornare a casa gli alunni e i professori, cominciando le indagini a partire proprio dai vestiti del professore defunto, in cui furono trovati solo il telefono e le chiavi di casa, niente di più. Armandini fece tante riflessioni e, a un certo punto, gli venne in mente di perquisire ogni singolo alunno e professore della classe 1D, quella a cui il prof Mangano avrebbe dovuto insegnare nell’ora in cui venne ucciso. Decise anche di assistere a ogni lezione, cosa che gli avrebbe permesso di raccogliere alcuni particolari, che potevano essere importantissimi.
Il giorno dopo, la classe 1D cominciò le lezioni alle 10:00, per l’assenza del prof Cosentino, professore di scienze e geografia, che quella mattina avrebbe dovuto avere due ore con loro. Da questa informazione, il detective fece una supposizione, che riferì immediatamente al suo braccio destro Ernesto.
“Ernesto! Vieni qui, devo parlarti: ho trovato un indizio che potrebbe esserci utile nelle nostre indagini”, esclamò Luigi fremente mentre comunicava l’informazione all’amico.
“E di cosa si tratta?”, ribatté l’altro.
“Le lezioni normalmente iniziano alle 8:00 in questa scuola, giusto? E perché proprio oggi, primo giorno delle indagini, il prof Cosentino ha deciso di stare a casa? Stiamo attenti a quell’uomo, Ernesto!”
L’investigatore, alle 10 in punto, si fece trovare in classe, pronto ad assistere alla sua prima lezione, quella di chimica, in laboratorio.
“Buongiorno ragazzi”, esclamò il prof Semeraro. “Oggi dobbiamo riprendere la lezione della scorsa volta sulla reazione dell’acido nitrico con i metalli. Ci servono esattamente trenta millilitri di sostanza che abbiamo qui. Adesso chiamo qualcuno dal registro e metto un voto. Vediamo un po’… chi è Crespi’?”, chiese il professore alla classe, dato che la sua memoria corta non gli permetteva di ricordarsi tutti i nomi dei suoi alunni.
“Sono io, prof”, gli suggerì l’alunno.
“Sei tu? Ok, vieni alla cattedra a svolgere la reazione”
“Prof, questi non sono trenta millilitri, sono diciassette!”
“Ma com’è possibile, ieri mattina erano esattamente trenta!”
Fu in questo momento che Armandini capì che la vittima era stata assassinata con l’acido nitrico del laboratorio di chimica.
Quella sera, lui e il suo braccio destro si recarono in laboratorio per ricavare ulteriori indizi. Guardando casualmente per terra, Ernesto trovò un microfono, che consegnò immediatamente all’amico investigatore. Quest’ultimo cercò di accenderlo e di provarlo, ma non riuscì. Aprì allora lo sportellino per inserire le pile, ma al posto di queste ultime, c’era un biglietto con sopra una scritta nera e molto intensa, che sembrava essere stata scritta con un pezzo di carbone. Essa recitava:
<<Alla fine non ne rimarrà neanche uno – il giustiziere>>
Il detective rimase lì tutta notte a ragionare sul messaggio riportato sul foglietto, ricordandosi le parole dell’interrogatorio rivolto al prof Cosentino, svoltosi quel pomeriggio. Ormai al centro delle indagini, il professore infatti era ritenuto il presunto proprietario del microfono, che avrebbe usato durante l’assemblea sulla raccolta differenziata. Si ricordava che gli aveva confessato che provava un forte odio per la 1D e che ogni volta che entrava in quella classe avrebbe voluto bocciarli tutti quanti, senza lasciarne nemmeno uno.
Ormai, il colpevole era stato quasi smascherato, serviva solo qualche altro indizio. Il giorno dopo, sempre nel laboratorio di chimica, trovarono una bottiglietta d’acqua Uliveto, uguale a quelle che il professore defunto di educazione fisica portava sempre con sé. Il detective si recò allora sul luogo del delitto, dove vide una bottiglietta Uliveto identica a quella ritrovata in laboratorio. Sulla bottiglia, Luigi scorse dei piccoli fori, che inizialmente sembravano essere inspiegabili. Poi capì che l’omicida aveva deciso di inserire l’acido nitrico nella bottiglia ed, essendo una sostanza ossidante,aveva provocato dei fori sulla superficie. Luigi decise di chiamare il professore di scienze Cosentino, il presunto colpevole, a svolgere un secondo colloquio, che lo avrebbe portato a smascherarlo una volta per tutte. Dato che era lunedì, il detective andò in 1D, classe in cui il professore stava insegnando in quel momento. Lo prese da parte, portandolo fuori dall’aula e gli disse:
“Sei tu!”
“Io? Cosa?” ribatté il professore.
“Sei tu l’assassino!”
“No, ti stai sbagliando, in quel momento ero in riunione!”
“Lo so, ma lo hai avvelenato”
“Luigi, ti giuro, sono innocente! Lo minaccio per farmi dare il suo stipendio da ben quattro mesi, ma non l’ho ucciso!”
“Ah, è così? Allora chi è stato?” ribatté sorpreso il detective.
“Non lo so, so solo che lui ha detto che, un giorno, l’avrei pagata cara”
“Aspetta un attimo…” disse Luigi.
“Cosa?” ribatté perplesso il docente.
Il detective corse senza dire niente dal suo braccio destro, che incrociò casualmente in un corridoio.
“Cosa c’è Luigi?!” esclamò Ernesto.
“Ho capito tutto! Cosentino non può essere il colpevole, se era alla riunione. Perché poi avrebbe messo nel microfono un biglietto su cui stava scritto che avrebbe voluto eliminare tutti i suoi alunni? Non avrebbe alcun senso. È stato il Mangano a mettere il biglietto nel microfono! È stato il Mangano ad andare in laboratorio a prendere il veleno, è lui il colpevole di tutto ciò, si è suicidato! Voleva vendicarsi del fatto che il Cosentino gli rubasse lo stipendio e lo minacciasse, facendo credere di averlo ucciso per mandarlo in carcere!”.
“È vero, hai ragione, dobbiamo dire tutto alla polizia, agli alunni, a tutti!”
Dopo un lungo discorso a tutti gli alunni della scuola, il detective tornò in macchina e andò in stazione dicendo:
“Abbiamo smascherato la vittima!”
Lorenzo Barelli, Davide Cristallo, Massimiliano Fabbri e Denis Stetco