Con l’Einstein alla Scala
Gli studenti dell’Einstein aderenti al Gruppo Interesse Scala hanno partecipato il 22 gennaio al loro primo concerto. Gaia Cantù e Mattia Falzarano ci raccontano l’esperienza e condividono l’emozione provata, descrivendola ognuno dal proprio punto di vista.
EINSTEIN ALLA SCALA, di Gaia Cantù
Il 22 gennaio 2018 si è tenuto il primo spettacolo a cui gli studenti del Gruppo Interesse Scala del nostro Istituto, accompagnati dalla prof.ssa Tresoldi, hanno avuto la possibilità di partecipare. Si è trattato della Prova riepilogativa della Filarmonica della Scala del secondo concerto della stagione 2018, diretto dal maestro di fama internazionale Riccardo Chailly.
L’orchestra ha aperto la prima parte della prova con la Suite op.29a di Dmitrij Sostakovic, che ha alternato momenti di travolgente forza ritmica a momenti più lirici e ad altri travolgenti; il maestro ha fatto quindi eseguire il Concerto per pianoforte e orchestra in la min. di Edvard Grieg,
suonato con grande intensità dal giovane e talentuoso pianista britannico. Questo Concerto rimanda al grande pianismo di Chopin, Schumann e Liszt, e riesce a mostrare la personalità ideatrice di un autore che sa come esprimere il proprio mondo interiore.
Dopo un breve intervallo, che ci ha permesso di entrare nel clima sontuoso del foyer e discattare una foto-ricordo, l’orchestra ha dato il via alla seconda parte delle prove con la Sinfonia n.4 di Cajkovskij, solenne e festosa.
Il concerto ci ha appassionato e coinvolto dall’inizio fino alla fine: è stato in grado di catturare la nostra attenzione senza annoiare nessuno, soprattutto durante la partecipazione del giovane pianista che si destreggiava con i tasti del suo pianoforte in modo gioviale e disinvolto; ci ha affascinato con la presenza degli svariati strumenti dell’ampio organico orchestrale, dai violini all’elegante arpa, e sicuramente ci ha divertito grazie all’uso di percussioni come i piatti e il triangolo, buffi e fondamentali allo stesso tempo. Gli interventi del direttore, che fermava l’orchestra per far ripetere alcune parti dando indicazioni ben precise sul ritmo e sui colori, ci hanno fatto capire che il risultato finale di un concerto è il frutto di un lavoro che non è solo tecnica ma anche interpretazione.
L’orchestra è stata in grado di coinvolgerci a 360 gradi per tutta la durata delle prove, anche per questo motivo saremo entusiasti di partecipare al prossimo appuntamento al Teatro alla Scala: questa volta si tratterà di un affascinante balletto classico, “Le Corsaire”, una storia di amore e di passione, che vede protagonista il pirata Conrad e le numerose avventure per salvare la sua adorata Medora.
CHE COS’È UN CONCERTO? di Mattia Falzarano
Che cos’è un concerto? Un concerto è un’occasione per… ascoltare musica nel modo più primordiale, cioè direttamente dagli strumenti e dalle persone che la suonano. Quello che, un tempo, era l’unico modo per ascoltare musica, oggi è una sorta di evento speciale. Nel frattempo infatti sono stati inventati molti metodi per registrare la musica, possederla e poterla sentire quando e quante volte si voglia. I supporti sui quali registrare la musica sono diventati sempre più piccoli e pratici, fino a sparire completamente. La musica è diventata sempre più a portata di mano, ascoltabile da tutti dove e quando si voglia.
Detto questo, secondo una semplice logica, si potrebbe trarre la conclusione che non c’è più bisogno dei concerti, no? Ormai possiamo ascoltare la musica anche dai nostri cellulari, sempre con noi…
E invece no. Il concerto non è mai invecchiato, non è mai diventato obsoleto. È rimasto sempre quell’evento speciale che era una volta, evolvendosi, con la nascita di nuovi generi musicali, in varie forme. Una delle più originarie fra quelle ancora oggi praticate è quella del concerto di musica classica orchestrale. Forse la prima fra tutte per eccellenza e perfezione, forse anche la più “pura” possibile, se pensiamo che, ancora oggi, nei concerti sinfonici non vengono usate apparecchiature elettroniche per amplificare il suono. Grazie al Gruppo Interesse scala del nostro istituto, lo scorso 22 gennaio io e altri alunni abbiamo avuto l’occasione di assistere alla prova di un concerto dell’Orchestra Filarmonica della Scala al famosissimo Teatro alla Scala di Milano. Un’occasione da non perdere, indipendentemente da quale genere di musica si ascolti tutti i giorni.
All’ingresso del teatro ci si ritrova fin da subito in un ambiente definibile quasi “Reale”: lampadari di cristallo, pilastri di marmo bianco con decorazioni dorate, massima cura in ogni dettaglio… sembra di essere in una reggia. E che dire invece della sala vera e propria? Mastodontica, guarnita di decorazioni dorate e con un lampadario gigante che si erge al centro del suo soffitto. Una vista che toglie il fiato a chiunque vi entri la prima volta.
Appena entrati, l’orchestra è già sul palco. Essa accoglie gli spettatori con il lieve ronzio dei suoi strumenti che vengono accordati e provati, prima dell’inizio dello spettacolo. Non resta, quindi, che accomodarsi e aspettare che l’esibizione inizi.
In questo caso, le opere suonate sono state 3; in ordine: Suite Op.29a da ”Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, di Dmitrij Sostakovic; “Concerto per pianoforte e orchestra in La minore, op. 16”, di Edvard Grieg; Infine, “Sinfonia n.4 in fa minore op. 36”, di Petr Il’ic Cajkovskij. Il tutto diretto dal Maestro Riccardo Chailly. Alcune delle informazioni e delle analisi riportate in seguito sono attinte dai commenti del musicologo Giorgio Pestelli.
La prima Suite, costituita da tre interludi tratti dall’opera lirica “Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, rappresenta una sintesi sorprendente di quel che è l’opera in sé, avvalendosi soltanto dell’espressività musicale di cui l’orchestra è capace. La Lady Macbeth fu composta fra il 1931-32 e rappresentata per la prima volta il 22 gennaio 1934 a Leningrado (attuale San Pietroburgo). Dopo 3 anni di grande successo nei teatri di Mosca e Leningrado, arrivò nel 1936 l’interdizione di Stalin, che fece scomparire l’opera dalle scene in patria fino al 1963. Il primo interludio, che si colloca fra la scena seconda e la scena terza, è una musica travolgente in cui si manifesta tutta la forza esplosiva dell’orchestra. Con l’inizio del secondo interludio, che collega le scene settima e ottava, tutto questo si rompe: vediamo una fase molto più calma ma che, allo stesso tempo, costruisce una crescente tensione, rilasciata poi in pochi brevissimi momenti. Entriamo quindi una fase più lieve, in cui i violini hanno un momento di purezza elegiaca; il tutto viene poi interrotto da una veloce conclusione, molto simile al travolgente primo interludio.
L’entrata del pianista Benjamin Grosvenor sul palco sancisce l’inizio del “Concerto per pianoforte e orchestra”, di Edvard Grieg. L’Opera è molto più datata della precedente: risale infatti al 1868, quando il compositore scandinavo aveva appena venticinque anni. La musica appartiene quindi ai suoi anni giovanili, desiderosi di affermarsi sulla scena musicale. “Questa musica ha la freschezza ghiacciata dei suoi laghi, l’ardore incalzante delle sue primavere precoci e brusche”, così il compositore Claude Debussy descrisse alcuni pezzi del norvegese Grieg; una descrizione che si può tranquillamente applicare anche al “Concerto per pianoforte e orchestra”. Si capisce benissimo fin dall’Allegro molto Moderato, che alterna parti di squillante vivacità ad altre più lente e quasi malinconiche; il tutto viene espresso al meglio grazie a un uso intelligente di piano e archi che a volte si alternano, a volte si aiutano l’uno con l’altro. L’apertura dell’Adagio viene affidata alla delicatezza degli archi, per poi introdurre il pianoforte e dargli man mano sempre più spazio nel complesso sonoro. L’Adagio, rispetto al primo movimento, è molto più pacato e lineare; è già tutto deciso fin dalle prime battute. Ci si avvia quindi verso la conclusione con il terzo movimento, Allegro moderato e molto marcato, che si rivela attingere dalle caratteristiche di entrambi i precedenti movimenti. Notiamo inoltre l’uso da parte del pianoforte di accordi dissonanti e arpeggi allegri, che caratterizzeranno il movimento fino alla conclusione determinata da tutta l’orchestra all’unisono, specialmente dai tamburi.
In una breve pausa, il pianoforte, protagonista del precedente concerto, viene spostato al lato del palco: non servirà più per l’opera successiva, “Sinfonia n. 4 in fa minore op. 36”, di Petr Il’ic Cajkovskij. Composta fra il 1877 e il 1878, l’opera è una sorta di sfogo dei sentimenti dell’autore, turbato da crisi depressive e desideroso di coprire la sua omosessualità. Essa è divisa in 4 movimenti:
1 – Andante sostenuto – Moderato con anima
2 – Andantino in modo di canzona
3 – Scherzo. Pizzicato ostinato – Allegro
4 – Finale. Allegro con fuoco
L’autore, in una delle sue lettere, riassume così l’opera:
“L’introduzione è il seme dell’intero lavoro, senza dubbio l’idea centrale. È il fato: quella forza oscura che impedisce all’impulso alla felicità di raggiungere il suo obiettivo; quella forza che gelosamente assicura che felicità e pace non siano complete e serene – e che avvelena costantemente il cuore. Una forza invincibile.
Il secondo movimento esprime una diversa fase della tristezza. È la melanconia che ci prende la sera quando ci sediamo soli, con un libro in mano, che ci sfugge e cade in terra.
Il terzo movimento non esprime alcun sentimento specifico. È composto di arabeschi capricciosi, d’immagini elusive che ci scorrono rapidamente innanzi agli occhi.
Il quarto movimento: se non riesci a trovare gioia in te stesso, vai in mezzo agli altri, impara la felicità dalla gente semplice intorno a te. Ma gli altri non si accorgono di te, della tua tristezza. Rimprovera te stesso e smettila di dire che tutto a questo mondo è triste e misero. Gioire è semplice. Gioisci della gioia degli altri. Vivere è ancora possibile.”
E così, dopo l’esplosiva chiusura dell’opera di Cajkovskij, il concerto è finito. Le emozioni e la meraviglia scaturite dall’aver guardato l’orchestra destreggiarsi ammirevolmente fra un’opera e l’altra hanno confermato che è stata davvero un’occasione imperdibile. Sì, il concerto non è mai invecchiato.