1984 di George Orwell. Fra distopia e disumanizzazione
1984 di George Orwell è uno dei più grandi romanzi della letteratura novecentesca. Il tentativo dell’autore di rappresentare in ogni dettaglio questo futuro distopico non va frainteso come la presentazione di una immagine ideologica nuda e cruda dei totalitarismi del passato (come in “La fattoria degli animali”), ma va inteso come la creazione letteraria di un nuovo tipo di totalitarismo, forte degli errori dei tiranni del passato e di una solida base ideologica. In questo romanzo fortemente pessimista Orwell esprime tutte le sue preoccupazioni, nate da una possibile maggiore consapevolezza storica e filosofica di se stessa della tirannia, base per la sua completa disumanizzazione e per l’abbandono di ogni scrupolo. Il potere diventa mezzo e fine ultimo, la ferocia capitalistica e socialista diventano una cosa sola, i principi etici che noi conosciamo sono completamente sradicati e stravolti. Quando leggiamo 1984 dobbiamo tenere bene in mente il nostro concetto di umanità, perché il mondo di questo romanzo è un mondo in cui questo concetto non include più amore, compassione e pietà, ma unicamente rabbia, fede cieca e brama di potere.
Ma come funziona questo universo totalitario? In questo articolo cerchiamo di descriverlo dal punto di vista di alcuni oppositori al regime che tentano, dal fondo della propria disperazione, ad analizzarne le caratteristiche per provare ad aprire gli occhi a dei potenziali oppositori, chiamandoli a una estrema prova di resistenza.
“Se vuoi un’immagine del futuro, immagina uno stivale che calpesta un volto umano – per sempre.”
Uno spettro si aggira per l’Oceania. Quello spettro siamo noi, il partito oppositore. Noi non facciamo riferimento a nessun leader in quanto non possiamo averne uno. Noi non crediamo nella bugia propagata dal partito che vuole far credere di avere, come suo principale nemico, Immanuel Goldstein, di cui non abbiamo motivo di credere l’esistenza. Di fatto, noi non crediamo alla personificazione delle idee. La nostra idea è volatile, impercettibile ai 5 sensi. Non si può né vedere al teleschermo né sentire alla radio. Nasce e persiste unicamente nello psicoreato e converge verso un solo obiettivo: la distruzione del partito e il ritorno alla nostra umanità.
Se vogliamo porre come nostro obiettivo primario la distruzione del partito, dobbiamo prima comprenderlo. Il partito, chiamato anche Socing (Socialismo Inglese), nasce negli anni quaranta sulla scia della rivoluzione Sovietica avvenuta poco più di 20 anni prima. Possiediamo pochi dettagli riguardo a questa fase primoriale del partito; sappiamo solo che, con la crescita esponenziale dei consensi popolari e l’instaurazione di altri governi socialisti nel mondo, ha preso luogo un’escalation diretta che ha portato, nei primi anni cinquanta, all’instaurazione della dittatura del partito. La successiva guerra atomica e le grandi purghe sono servite unicamente per consolidare il dominio e rendere il partito una divinità sotto forma di istituzione. Qualcosa di totalmente diverso dai totalitarismi del passato.
Il fine ultimo del partito è la detenzione del potere. La differenza principale con gli altri totalitarismi risiede nel metodo, che possiamo riassumere in 3 punti:
- La repressione del reato prima della sua messa in atto
- La costante manipolazione del passato
- L’arresto del progresso
Dal primo punto possiamo capire l’origine del termine “Psicoreato”: per il partito il reato non prende luogo nell’azione diretta, ma nel pensieri riguardanti l’azione. Perciò, il partito non si limita a punire l’azione dopo la sua messa in atto, ma interviene per prevenire suddetta azione. Utilizzando questo metodo, il partito si assicura il mantenimento dell’equilibrio sociale e la prevenzione della creazione di altri criminali. Il nemico numero uno del partito risiede nei pensieri di un individuo qualsiasi che decide di non accettare il dogma del Socing. È per questo motivo che è stata creata la neolingua: la circoscrizione del pensiero secondo i limiti dettati dal partito con conseguente prevenzione pressoché totale dello psicoreato. Una volta che la neolingua estirperà completamente il nostro linguaggio, non sarà neanche possibile pensare di andare contro il partito, in quanto le parole che conosciamo determinano quel che pensiamo. Attraverso il linguaggio, il partito avrà fissato definitivamente il suo marchio sulle nostre menti. E da lì in poi il dominio sarà praticamente inestirpabile, se non dall’esterno.
Il secondo punto, la manipolazione del passato, ha l’esclusiva valenza di mezzo che tende a un fine ben preciso: affermare l’infallibilità del partito. Il passato risiede unicamente nei documenti e nella memoria, i primi facilmente modificabili. La memoria, invece, per adattarsi al volere del partito richiede un atto di fede. Questo atto ha anche un nome: Bipensiero. La capacità di credere una cosa e, un attimo dopo, di credere il contrario, dimenticandosi dell’auto-manipolazione appena applicata al proprio pensiero. Il Bipensiero costituisce le fondamenta dell’Egemonia del partito. Una tale capacità, ben lontana dalla natura umana, può essere soltanto insegnata e costantemente messa in pratica, quindi allenata. Si spiegano così le continue incongruenze riscontrate nelle dichiarazioni passate del partito: tutte prove di fede per scovare le mele marce. Mele marce che, inevitabilmente, finiranno nel ministero dell’amore, per reimparare il Bipensiero.
Il terzo punto, l’arresto del progresso, si rispecchia nella famosa definizione “La guerra è pace” e nella repressione degli istinti sessuali dei membri del partito. Le energie dei sottoposti vanno canalizzate verso un’unica finalità: il mantenimento dell’ordine costituito. Le energie in eccesso, per non entrare in conflitto con l’istituzione, vanno esaurite attraverso un unico mezzo: la rabbia. È qui che entra in gioco la guerra contro il nemico indefinito, unicamente un mezzo per consumare il surplus di forza lavoro e di pulsioni represse.
Ebbene, in questo capitolo abbiamo compiuto il primo passo: visualizzare i pilastri davanti ai nostri occhi. In questo modo vediamo la loro imponenza ma anche le loro crepe. Il lavoro del nostro futuro sarà studiare questi pilastri, comprenderli ulteriormente e trovare ulteriori punti deboli. Solo così possiamo continuare mantenere accesa la fievole fiamma della nostra speranza.
Mattia Falzarano